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UFFICIO RECLAMI
TEATRO | Alle 21 al Teatro Italia c'è l'allegoria della tentazione satanica all'interno della Chiesa
Gigi Proietti e Giorgio Albertazzi «show».
Sandra Collodel nella «Papessa Giovanna»
[04/02/2009]


di Irene Palma


Salento, appuntamenti per giovedì 5 febbraio | Lecce, Gallipoli, Zollino, Cutrofiano. Viaggio tra teatro, libri e buona musica nel Salento. A Gallipoli, presso il Teatro Italia, continua la stagione dei grandi appuntamenti di prosa. Alle 21 un suggestivo spettacolo che vede la collaborazione di Gigi Proietti e Giorgio Albertazzi, con Sandra Collodel come protagonista della «Papessa Giovanna». Amori, passioni, desideri e ambizioni di una donna straordinaria che è ormai leggenda. Tra le figure nate dalla fervida fantasia popolare romana, quella della papessa Giovanna è una delle più celebri e singolari. La papessa sarebbe rimasta sul soglio di Pietro per almeno due anni, donna dissoluta e simbolo di oscuro potere femminile. Molte ipotesi sono state fatte nei secoli, ma mai niente di certo, poiché negli annali del Vaticano non risulta nessun personaggio con questo nome. Probabilmente tutto nasce dall'immaginario medievale (intorno all'anno mille), per il quale le donne erano espressione del diavolo.

La papessa, dunque, potrebbe essere un'allegoria della tentazione satanica all'interno della Chiesa. L'ipotesi è plausibile, sia per ragioni storico-antropologiche, sia perché la stessa leggenda la conferma: la papessa sarebbe riuscita ad indurre un prete in peccato e a farsi mettere incinta. Non mancano, comunque, i tentativi di «storicizzare» il personaggio, mantenendo inalterato il finale della storia. Primo fra tutti, quello operato da Giovanni Boccaccio nel suo «De mulieribus claris»: Boccaccio narra che il vero nome della donna era Giovanna Angelica, una giovane tanto desiderosa di studiare che si vestì da maschio e seguì un monaco che partiva per l'Oriente. Ma il monaco morì e lei, intenzionata a non tornare alla grama vita riservata alle donne della sua epoca, decise di correre il rischio e vestì gli abiti monacali del maestro. Ben presto si distinse fra gli altri monaci per sapienza e cultura teologica tanto che, in occasione del conclave per l'elezione del nuovo pontefice, la scelta cadde proprio su di lei, ritenuta un pio e sapiente monaco.

Le fu assegnato per segretario un giovane prete, colto e raffinato. Costui, che per dovere d'ufficio le era sempre vicino, non tardò a scoprire il vero sesso del pontefice. La cosa rimase comunque un dolce segreto fra i due. Ma la verità venne fuori durante una processione quando accadde l'imprevedibile: giunto il corteo davanti alla chiesa di San Clemente la papessa, colta dalle doglie, partorì per strada. A quel punto la folla inferocita linciò donna e neonato, l'una come usurpatrice, l'altro come frutto di oscena unione. Da quel giorno il Vaticano corse ai ripari, disponendo che i pontefici appena eletti, prima dell'investitura ufficiale, sedessero in successione su tre sedie dette «stercorarie», che avevano sul sedile un taglio a forma di mezzaluna.

La motivazione ufficiale era naturalmente teologica e «trinitaria», ma in realtà lo scopo era altro: durante la cerimonia un cardinale era incaricato di inserire una mano nel taglio delle sedie per constatare il sesso del successore di Pietro. Delle tre sedie, che in realtà erano probabilmente sedie da parto, a significare la Chiesa madre di tutti i credenti, due sono ancora visibili: una è ai Musei Vaticani, l'altra al Louvre di Parigi. Uno spettacolo che si avvale di splendidi filmati alternati alla recitazione, con un risultato di assoluto ed emotivo coinvolgimento. Nei contributi video la magistrale interpretazione di Giorgio Albertazzi nel ruolo del Vescovo Niceta, di Gigi Proietti nel divertentissimo eremita e di un bellissimo ed intenso Giorgio Lupano nel ruolo di Frate Frumenzio. La regia è affidata a Terry d'Alfonso. Le musiche originali sono di Marco Podda. Biglietti in vendita al botteghino del teatro Italia e in tutti i punti vendita booking show, per un costo pari a 15 euro.

 

L'auditorium di Zollino, alle 19, ospita un appuntamento dedicato a «Stralune» (Manni editore), l'ultimo romanzo di Antonio Errico. L'incontro è pensato come una presentazione e un dialogo con l'autore e le sue pagine, in cui la scrittura è, ancora una volta, un continuo avvicendarsi di prosa e poesia, un poema in forma di romanzo. Un ipotetico disertore sfuggito ad un'ipotetica guerra torna nella sua ipotetica casa ed al suo ipotetico passato, finendo per cedere all'inganno del raccontarsi, qui inteso come esito drammatico ma necessario di un qualunque percorso.

Un buon titolo è sempre o un'anticipazione o una conferma di quello che il testo contiene, in una sorta d'accordo preliminare tra lettore e scrittore. Il titolo scelto da Errico è una confessione appassionata, è la descrizione sincera di un occhio che scrive. Quella che l'occhio di Errico produce, infatti, non è solo poesia, né solo prosa. Da qui è naturale arrivare al tema principale, che sembra si concentri su una domanda ben precisa: quanto c'è di noi alla fine di un viaggio? «All'interno del viaggiare - direbbe Errico - è più catturato dal ritorno, che dalla partenza». È voce pastosa che parla nel sonno, voce implicita, libera, fasica, simbolica. Sincerità ispirata, grondante fisicità. Del sonno ha la stessa vaghezza. La densità, l'indolenza rivelatrice, la visionarietà ombrosa che procede per fasi umorali, illuminando la notte. Il tema del viaggio non può che confrontarsi con quello del tempo, da sempre caro all'autore. Il tempo passato qui diventa soggetto attivo, attraverso il ricorso ad un ombra/personaggio; l'ombra insegue la narrazione, la stimola e la rende più profonda, consapevole e acuta. L'ombra avverte, l'ombra ripete, in un gioco sapiente di contrasti l'ombra riesce persino a far luce.

L'ombra frammenta i luoghi nelle diverse voci che agitano il paese del ritorno. La madre, il padre, l'amata: queste voci si alternano stralunate; a volte prese dallo stupore, altre dallo sgomento, reagiscono come possono alla tirannia della memoria. Altro punto fondante la narrazione, infatti, è proprio la memoria, della quale il ritorno e il tempo attraversato si nutrono inevitabilmente. Il disertore, dopo i primi passi incerti nella notte e i primi silenzi angosciosi, comincia a domandarsi a cosa potrà mai servire il suo ritorno, cosa potrà ritrovare, salvare, restituire, sanare. È inevitabile domandarselo, per lui come per tutti, ma quello che più colpisce il lettore è che la risposta a questa domanda universale passa essenzialmente attraverso la conoscenza del proprio padre, l'osservazione della propria ombra, l'attesa dell'alba. I propri passi ripetuti nella casa di famiglia, soprattutto quelli sembrano essere l'aiuto fondamentale. Perché, per capire qualcosa di sé, è necessario ritornare, ma è pur vero che tutto quanto ci riguarda intimamente, tutto ciò che condiziona il nostro modo di essere, è accaduto quando eravamo troppo distratti e vivi per rendercene conto. Se è vero che il padre è l'origine, la ragione, il perché, l'ombra, è altrettanto vero che nulla sappiamo di quel «perché», mentre accade.

Il reduce di Errico, torna a se stesso dopo il tempo giusto, col giusto ritardo, e lo fa per capire e capirsi. Tocca, calpesta, osserva i vecchi luoghi come se non li conoscesse affatto. Questo stupore stralunato, quindi, contiene il successivo bisogno di dimenticare le mura del passato, il loro richiamo da sirena, al fine unico di salvare la pelle ed il cuore. Errico è sud, lirico, elegante, pietroso. Giornalista e scrittore salentino, Errico è tra i più apprezzati che, oltre a collaborare alle pagine culturali di diverse riviste e quotidiani, ha pubblicato diversi racconti e romanzi tra cui «Tra il meraviglioso e il quotidiano» (1985), «Favolerie» (1996), «Il racconto infinito» (saggio su Luigi Malerba, 1998), «Fabbricanti di sapere. Metodi e miti dell'arte di insegnare» (1999), «Angeli regolari» (2002), «L'ultima caccia di Federico Re» (2004), «Salento con scritture» (2005), «Viaggio a Finibusterrae» (2007). L'evento è a cura di Astragali Teatro per «Teatri Abitati». Ulteriori info: 0832.306194.

 

Quarto rock'n'roll party al Jack'n Jill di Cutrofiano che, alle 22,30, ospita «The RockCowbillies». Tutto nasce dall'estate 2007: il contrabbassista Carlo Cazzato incontra nel capoluogo il chitarrista Angelo Fumarola e il batterista Antonio Marra, entrambi già attivi nei «Rocking Fingers», tribute band pugliese dei «Dire Straits». Dalla passione per la musica rockabilly e country, nasce il nuovo progetto denominato «The RockCowBillies»: un viaggio affascinante nella «roots music» americana, alla base della nascita del rock'n'roll, con una scaletta che comprende rockabilly classico anni '50 (Elvis Presley, Carl Perkins), neo-rockabilly (Stray Cats, Brian Setzer), country-hillbilly (Johnny Cash, Dwight Yoakam, Hank Williams) e blues. La formazione è unica nel suo genere nella scena musicale locale; si distingue, infatti, per la presenza del contrabbasso suonato da Carlo con la tipica tecnica «slap», il virtuosismo della chitarra «finger-picking» di Angelo e la solida e precisa batteria di Antonio, tutto con grande interplay, gusto e sonorità di ispirazione «vintage». Dopo il debutto avvenuto a gennaio 2008, la band continua ad esibirsi nei maggiori locali live con costante entusiasmo e passione, ricevendo innumerevoli consensi sia da parte del pubblico che dagli addetti ai lavori, vecchi e nuovi fans del mondo rockabilly e country. L'ingresso è gratuito. Maggiori informazioni allo 0836.541126.

 

Nel capoluogo salentino, alle 22 si aprono le porte del «Rubens» per una serata live con i «Nasty Blisters», band che, in un set acustico, porta in scena il classico confronto «Blur» contro «Oasis». Il gruppo prende vita dall'idea di Davide Manzone (voce e chitarra) e Dario Ancona (basso e voce) di riportare alla luce lo storico conflitto musicale tra due band memorabili, conosciuto come «the Battle of Britpop», ovvero la battaglia del pop inglese. Con l'indispensabile contributo di Matteo Moscara alla chitarra, eseguiranno le hit più conosciute di entrambi i gruppi pubblicate a partire dagli inizi fino ad oggi, rendendo gli spettatori protagonisti di un accanito confronto mai vissuto così da vicino. L'ingresso è libero e gratuito.

 

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