08:00: Reteluna Oroscopo
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10.30: Reteluna Oroscopo R.
14:00: Pomeriggio insieme
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18:30: Pup Revolution R.
UFFICIO RECLAMI
L'APPUNTAMENTO | Si comincia a partire dalle 15,30 fra le vie del centro e il fossato del Castello
A Otranto arriva il «Natale Medievale».
Si passeggia fra quattrocento anni di storia
[26/12/2008]


di Irene Palma


Salento, appuntamenti del 27 dicembre | Lecce, Otranto, Martignano, Copertino, Calimera, Novoli, Presicce, Squinzano. Tanti gli eventi nel Salento per questo periodo di festa. A Otranto, a partire dalle 15,30 per le vie del centro storico e nel fossato del Castello di Otranto, la storia tornerà a vivere con la seconda edizione del «Natale Medievale» o «Giornate Medievali di Otranto». Voluto dall'Associazione Culturale «Otranto Mediterranea» composta da commercianti, ristoratori, albergatori e professionisti della ricettività turistica e supportato dal Comune di Otranto, l'evento è per la prima volta organizzato dal Coordinamento meridionale gruppi storici medievali De Rebus Gesti e prevede una vera e propria passeggiata nella storia del mezzogiorno medievale. Quattrocento anni di storia, dall'XI secolo al XV secolo saranno ripercorsi con personaggi di ogni ceto sociale, dal popolano al monaco, all'uomo d'armi, al nobile che rievocheranno momenti e aspetti di vita medievale. Il grande fossato del castello sarà il fulcro dell'evento: ospiterà un mercato medievale dove mercanti e artigiani esporranno i prodotti e le lavorazioni tipiche dell'epoca, un grande accampamento con circa dodici tende sarà allestito mettendo in mostra armi e armature e rappresentando scene di vita da campo. Si susseguiranno in un suggestivo e immaginario viaggio temporale, con i loro accampamenti i Bizantini dell'XI secolo al tramonto del loro potere nella città, i Normanni, scaltri e bramosi di potere a tal punto da partire dalle sponde della città per conquistar terre ai Greci, gli Svevi che nel XIII secolo elevarono la città a porto d'Europa per conquistare la Terra Santa e combattere i Saraceni che tanto avevano razziato e portato lutti alla città nei secoli, presenti anch'essi con i loro accampamenti accanto ai monaci guerrieri templari loro acerrimi nemici. La fine del XIV secolo sarà rappresentato da un gruppo di armati del potente principe di Taranto Raimondello del Balzo Orsini terminando il viaggio con gli armigeri di Ferrante d'Aragona che cacciarono i sanguinosi turchi dalla città. Inoltre sarà allestito un campo di tiro con l'arco storico presidiato da rievocatori Saraceni, esperti in questa arte e sarà occasione per il pubblico di provare e cimentarsi nel tiro. Nella lizza approntata all'interno del fossato si susseguiranno spettacoli di musici: l'ensemble vocale-strumentale specializzato nell'esecuzione di musica medievale «Ars Antiquae Musicae», il coro «Gaudium vitae» ed il coro di voci bianche «Pueri Cantores» si esibiranno nel repertorio medievale sacro e profano. Danzatori, giocolieri, cavalieri appiedati che si confronteranno in duelli cortesi e dimostreranno le tecniche di combattimento medievali; cavalieri a cavallo si confronteranno in giochi marziali di abilità e combattimenti. Il sabato sera verrà rievocata una battagliola tra armati del XIII secolo. Il percorso del fossato terminerà con la rappresentazione della natività e immancabili saranno le degustazioni di piatti tipici medievali e della tradizione salentina proposti dai ristoratori della città per l'occasione. Personaggi vari e simbolici del medioevo come monaci, ronde cittadine, figuranti di varia estrazione sociale animeranno le vie del centro storico presidiato alla porta da sentinelle armate. Il corteo storico multiepoca della domenica concluderà la manifestazione. I promotori e gli organizzatori dell'evento, abbracciando il felice connubio tra cultura storico-rievocativa, turismo e sviluppo sociale e culturale, hanno proposto una progettualità che prevede un coinvolgimento attivo della cittadinanza tramite alcuni interventi seminariali e didattici all'interno di alcune scuole al fine di far acquisire e potenziare una coscienza storica che possa trasformare in «atteggiamenti culturali» quelle che oggi sono soltanto feste folkloristiche o eventi di spettacolo. Nello specifico, si comincia con la cerimonia di apertura e, alle 16, segue quella degli accampamenti, del mercato, del campo da tiro con l'arco e la guardia alla porta dei bizantini ormai al tramonto del loro potere nella città; infatti, alle 17, saranno i normanni a presidiare l'entrata nel borgo. Alle 17,15 ha inizio la dimostrazione di combattimento tra bizantini nella Platea armo rum, mentre alle 17,30 si svolge la dimostrazione del brandeggio d'armi e abilità a cavallo. Alle 18 aprono i punti di ristoro nel fossato del castello e i crociati prendono il proprio posto alla guardia della porta mentre, alle 18.15, danno prova della propria forza nel combattimento. Alle 19 montano a guardia gli svevi, che nel XIII secolo elevarono la città a porto d'Europa per conquistare la Terra Santa e combattere i saraceni che tanto avevano razziato e portato lutti alla città, presenti anch'essi con i loro accampamenti accanto ai monaci guerrieri templari, loro acerrimi nemici. Alle 19,15 i crociati si sfidano in combattimento, il cambio della guardia vede posizionarsi alla porta gli angioini e alle 20 uno dei momenti cruciali della storia di Otranto: prende vita il combattimento tra svevi e saraceni. Alle 20,30 ha inizio la solenne cerimonia d'ingresso nell'ordine dei Templari e alle 21 montano di guardia gli aragonesi, mentre gli angioini danno di spada. Dalle 21,30 si posano armi e armature per lasciarsi andare al ritmo delle danze medievali. Si prosegue fino a mezzanotte tra l'eco del metallo e lo sferragliare delle spade. Le guardie saranno cambiate grazie all'ausilio di un «provisores» che si occuperà di guidare le guarnigioni da e per la porta d'ingresso. Un gruppo di circa 40 figuranti passeggerà per le vie del centro storico fungendo, di fatto, da raccordo tra la porta monumentale d'accesso al borgo ed il fossato. Un gruppo di 6-7 musici suonerà in modo itinerante nei luoghi dell'evento. Giocolieri e mangiafuoco intratterranno il pubblico costantemente, senza spettacoli fissi, ma con un intervento permanente. Uno speaker sarà permanentemente nell'area degli spettacoli per poter illustrare al pubblico quello che, di volta in volta, potrà guardare. Durante lo spettacolo dei cavalieri a cavallo o del torneo di arco è prevista la presenza di una mini cerimonia di premiazione con la presenza di una piccola corte. Il vincitore donerà il proprio fazzoletto ad una dama del pubblico. L'ingresso è libero e la partecipazione gradita. Maggiori info al sito: www.comune.otranto.le.it.

 

A Martignano, dalle 10 nel Parco culturale Palmieri, l'associazione Arakne Mediterranea con il patrocinio dell'assessorato al Mediterraneo, Pace e Attività culturali, Settore Attività Culturali, della Regione Puglia, in collaborazione con il Parco Turistico Culturale Palmieri ed il Comune di Martignano, presenta il progetto/spettacolo «Il tamburo che danza dal Mediterraneo al Salento». Si tratta di tre giorni di studio, ricerca, musica e danza, con seminari, mostre, convegni e concerti e spettacoli sul tema del tamburo. Il progetto punta a ricostruire il processo storico di uno strumento secolare che ha accompagnato i riti e le danze dei popoli abitanti il bacino del Mediterraneo e dell'intera «Regione Ionico-Salentina e Pugliese». L'obiettivo è quello di riuscire a far conoscere le caratteristiche generali dello strumento, incuriosendo le nuove generazioni e sperimentando nuovi linguaggi di esecuzione ritmica; guardare alla tradizione tenendo vivo il dialogo col passato ma creando una cultura contemporanea in movimento, funzionale al generale sviluppo sociale e culturale del Salento. Dalle 15 si svolge il seminario teorico-pratico sulle «Tarantelle Pizziche» e un convegno internazionali di studi sullo strumento si apre alle 18 nella sala Aldo Vallone. Presenta Imma Giannuzzi, direttrice artistica Arakne Mediterranea, poi interverranno Arnaldo Vacca, musicista, Davide Torrente, artigiano-musicista, Gianfranco Salvatore, docente dell'Università del Salento. Alle 20 si inaugura la mostra artigianale e iconografica «L'Arte del Tamburo tra tradizione ed innovazione» e più tardi, alle 21,30, dalle parole si passa alla musica con lo spettacolo «Sonu», di Vito De Lorenzi. Tutto inizia con i campanelli di un carillon e lo spettacolo prende vita; un incontro tra culture lontane e la ricerca di sonorità diverse si esprimono attraverso le percussioni a membrana, i cimbali, l'esraj, il santur ed i carillon. È un percorso che affonda le sue radici nella musica popolare con l'intento di mescolare i suoni dei sud del mondo in una performance che attraversa momenti di rarefazione e momenti di forte intensità sonora dovuta all'utilizzo contemporaneo di più strumenti. Il set utilizzato ed i brani eseguiti sono originali e l'esecuzione non si avvale di supporti elettronici, cosa che rende lo spettacolo assolutamente unico. Il progetto nasce come espressione di un singolo musicista ma è concepito secondo un'idea di incontro che apre lo spettacolo ad ogni forma di collaborazione. A seguire l'«Orkestra Tamburellando», diretta da Arnaldo Vacca. Un'orchestra vera e propria di «tamburi a cornice», dove le voci dei tamburi di tutto il mondo creano un linguaggio universale e planetario nel quale le differenze si armonizzano diventando materiale musicale e coreografico, ispirati dai suoni del mediterraneo, creando suggestive ed avvolgenti trame ritmiche e melodiche. Tre giorni intensi ed emozionanti, che solo Arakne Mediterranea poteva produrre. La compagnia, fondata da Giorgio Di Lecce e diretta da Imma Giannuzzi, con sede a Martignano, nella Grecìa Salentina, opera da oltre quindici anni sul territorio del Salento in collaborazione con l'Università di Lecce, le amministrazioni Provinciali e locali, le associazioni. Si compone di artisti studiosi e ricercatori, che si propongono di diffondere e far conoscere le tradizioni, le danze, gli usi e i costumi delle espressioni popolari salentine. Arakne deve il suo nome ad una giovane principessa greca che fu trasformata dalla dea Atena in ragno (secondo il mito descritto da Ovidio, nelle metamorfosi). Arakne vincitrice della gara di tessitura disputata con la dea umiliata, voleva impiccarsi. Atena perdonandola le concesse di vivere ma trasformata in ragno, oggi taranta. La compagnia ha all'attivo numerose tournèe sia in Italia che all'estero, nelle quali ha sempre riscosso notevoli consensi sia da parte del pubblico che dalla critica musicale. Per informazioni ed iscrizioni ai corsi di tamburello e danza si possono contattare gli uffici del Parco Turistico Culturale Palmieri, siti a Palazzo Palmieri a Martignano, ai numeri 0832.821827, 392.3309993 oppure all'indirizzo e-mail: info@parcopalmieri.it.

 

Nel capoluogo salentino, alla «Icaro Libri & Caffè» dalle 20,30, il cantautore e autore leccese Alessio Lega presenta il suo ultimo libro «Canta che non ti passa. Storie di canzoni di autori in rivolta francesi, ispanici e slavi», pubblicato da Stampa Alternativa. Trentadue ritratti d'autore (con la prefazione di Enrico de Angelis) per una storia mondiale della canzone poetica e sociale e dei suoi interpreti, spesso boicottati dall'industria discografica e poco noti al grande pubblico. Una storia riletta e scritta da Lega, erede dei cantautori anarchici che hanno segnato con la loro presenza la cultura del nostro tempo. Ferré, Moustaki, Brel, Brassens, Vian, Ferrer, Pagani, Desjardins, Renaud, Yupanqui e molti altri, sono i protagonisti indimenticabili di un'epoca della musica. Nessuno come loro ha saputo coniugare anarchia, libertà e amore. Il cd, che gli è valso la finale al «Premio Tenco», è un'inedita antologia musicale arrangiata dal contrabbassista Roberto Bartoli, tradotta e interpretata in italiano da Alessio Lega, con le canzoni di: Brassens, Llach, Leprest, Bruant, Fanon, Tachan, Perret, Laffaille, Gainsbourg, Okudzava, Utgé-Royo, Moustaki, Kryl, Vysotskij, Branco, Nohavica, Ferré. Il cantautore parte da lontano. Nell'anno di pubblicazione di questo volume, noi si celebravano i 50 anni dalla nascita del «Cantacronache», dei testi in musica di Calvino e Fortini, delle «canzoni della mala» di Strehler e Fo, e sembra passato tanto tempo. Ma Alessio ricorda che in Francia la canzone sociale, la «canzone realista», la canzone socialista e anarchica passano già dall'Ottocento e dal primo Novecento, e che già allora nei cabaret si metteva in musica Verlaine. Gaston Couté era una specie di Rimbaud della canzone, Jules Jouy scriveva un testo al giorno e fu vinto dalla follia. Si battevano entrambi contro il servizio militare, contro la pena di morte, contro la tortura. Le stesse cose oggi. Non saranno serviti a molto, Alessio dice che non hanno lasciato traccia nella storia della letteratura o del costume, ma la canzone ne ha guadagnato, eccome, e comunque piccoli circoli di appassionati ancora li venerano. Altra sorte toccò a un loro contemporaneo, Aristide Bruant, «poeta della strada» sì, ma - avverte Alessio - abbastanza provveduto da tenere le distanze fra la propria esistenza e quella dei personaggi alla Zola che cantava. E che è rimasto nella storia grazie anche alla indovinata cura della propria immagine esattamente come si fa oggi (chi non ha presente la figura disegnata da Toulouse-Lautrec e appesa in milioni di case o di locali pubblici, non solo francesi?). Sua era propria una delle «canzoni della mala» che cinquant'anni fa incise Ornella Vanoni, storia di una prostituta che diventa paradossalmente protettrice del suo magnaccia. Mentre in «Rue Saint Vincent» Alessio trova addirittura un'antenata della «Marinella» di De André. Con un salto cronologico, ecco ovviamente i «tre grandi» della canzone francese. George Brassens, che Alessio colloca accanto a Molièere, a Rabelais, Victor Hugo. Uno dalla poetica «apparentemente stilizzata in un'arcadia ferma stilisticamente e con preoccupazioni formali alla fine dell'Ottocento», dalla scrittura «matematica» come un rompicapo, ma in realtà inzuppata di tanta tensione morale da non poter essere liquidata come virtuosistica ed enigmistica, nonché innovativa perché, dopo aver raccolto tutta la tradizionale retorica francese della strada e del bassofondo Brassens, la innesta sullo swing leggero e sorridente ereditato da Charles Trenet. Léo Ferré, a tutt'oggi poeta «scandaloso», che molti non reggono per l'ingombro di idee e di vigore che porta nella canzone e che può lasciare disturbati ma non lascia indifferenti. Jacques Brel, e che dire di lui che non sia già stato detto? Alessio qualcosa ci aggiunge, quando per esempio, implicitamente rintuzzando la frequente critica di un Brel musicalmente convenzionale e non innovatore, conclude che «la forma chiusa della canzone gli è congeniale perché non può perdere tempo ad attardarsi nella riflessione sugli utensili, ha altre priorità: deve respirare e urlare, bruciare e fuggire». Alessio Lega è ormai unanimemente considerato uno dei maggiori outsider del giro: viene regolarmente inserito in ogni dizionario dai grandi editori (Garzanti, Giunti, Rizzoli), Gianni Mura lo cita su Repubblica fra i 100 nomi dell'anno, ha vinto i riconoscimenti più ambiti («Targa Tenco», «Premio Lunezia», e altri), le sue canzoni sono inserite in antologie, libri, dvd. Eppure Alessio non rinuncia al suo nobile donchisciottismo che lo vede svolgere una routine di impiego kafkiano, con cui si paga il «lusso» di cantare dove gli piace, piuttosto che dove «si deve» e di continuare ad andare in giro a tentare di cambiare se stesso e il mondo con le canzoni di cui fa l'autore, l'interprete e lo storico. Nato a Lecce nel 1972, è migrato a Milano all'inizio degli anni ‘90, iniziando un'intensa attività concertistica che, distante dai circuiti del mercato, privilegia le piazze , i centri sociali, i circoli culturali. Tra i suoi maestri dichiarati, oltre a Ferré, Brel e Brassens, c'è Fabrizio de André, cui dedica la canzone «I funerali del pirata». Nel 2004, Alessio Lega vince la «Targa Tenco» per l'opera prima con l'album «Resistenza e amore». Il suo secondo disco, «Sotto il pavé la spiaggia» (2006), contiene versioni italiane di canzoni francofone. «Zollette» (2007) è un album registrato dal vivo per il mercato equo-solidale, con un omaggio alla memoria del giornalista Enzo Baldoni, ucciso in Iraq. Del 2008 è l'ep «E ti chiamaron matta», di Gianni Nebbiosi, re incisione integrale di un piccolo capolavoro degli anni'70 sul disagio mentale. Alessio Lega si esibisce nuovamente domenica 28 alla Libreria Cube di Gallipoli, alle 20,30. L'ingresso è gratuito.

 

A Copertino, presso il Circolo Arci «I Sotterranei» a partire dalle 22,30, «Omaggio al sig. G». Lo spazio è dedicato al sincero e appassionato tributo che Andrea Baccassino e Luigi Mariano hanno voluto ideare per ricordare al meglio l'immensa figura artistica di Giorgio Gaber, lo straordinario cantante e attore milanese di origini friulane, inventore (almeno stando all'Italia) dell'ormai celebre «teatro-canzone» e definito da Roberto Vecchioni, ma non solo da lui, «il più grande uomo di spettacolo del secolo». Andrea e Luigi, pur dèditi ai propri progetti personali, hanno dunque voluto unire con gioia gli sforzi e integrare al meglio le loro differenti ma complementari anime artistiche (riunitesi ufficialmente dopo 9 anni dall'ultimo concerto assieme), per dar vita ad un omaggio per quanto possibile completo e rispettoso, che comprendesse sia l'aspetto squisitamente teatrale della vasta opera gaberiana (coi monologhi interpretati da Baccassino) e sia l'aspetto della canzone (onere toccato a Mariano). Andrea Baccassino è un eclettico cabarettista di Nardò, che è riuscito, coi suoi spettacoli e le sue efficaci parodie (molto spesso in vernacolo), a caratterizzare in modo dirompente pregi e difetti del popolo salentino, soffermandosi in particolare su quei mestieri dalla valenza un po' più umile, più tradizionale e soprattutto più popolare, come il muratore, l'intonacatore o il contadino. Andrea ha realizzato vari cd (completamente autoprodotti) delle sue canzoni, l'ultimo dei quali ha per titolo «La free del lunedì mattina». È anche autore, scrittore serio, eccellente musicista polistrumentista, regista («Li promessi sposi», recitato da bambini in vernacolo), grafico autodidatta e molto altro. Vive e lavora da sempre nel Salento come cabarettista, ma ha di frequente la valigia pronta per partire, viaggiare, per andare a vedere, a scoprire, a camminare semplicemente, senza riuscire mai a star fermo. Luigi Mariano, invece, è un cantautore di Galàtone, che vive e suona a Roma dal ‘92. Ha scritto circa una sessantina di brani propri, partecipando negli anni a vari concorsi nazionali e a vari festival, rassegne e manifestazioni di ogni tipo, in cui ha sempre riscosso ottimi consensi da parte di pubblico e critica, vincendo ultimamente «Inauditi Contest» di Radio Sapienza. È stato molto spesso ospite radiofonico in molte emittenti romane e non; la sua canzone «Questo tempo che ho» è stata trasmessa su RadioRai, sulle frequenze di Isoradio, mentre «Rai Libera», inno di liberazione della Rai dai partiti, è andata in onda su Radio 105. È stimatissimo dalla «Fondazione Gaber» di Leporini e Dalia, fondazione che si è complimentata con lui riguardo l'idea di spettacolo originale di teatro-canzone (ispirato stilisticamente a quello gaberiano) che Luigi ha fatto debuttare a Grottaglie l'8 agosto, dal titolo: «C'è sempre un'isola nel mare». Nel giugno del 2002 ha ricevuto anche gli apprezzamenti del cantautore veronese Massimo Bùbola, già collaboratore di De André in vari album, che l'ha voluto incoraggiare, riempiendolo di elogi. È legato da amicizia e collaborazione a molti cantautori italiani, tra cui Simone Cristicchi, Pippo Pòllina, Marilena Catapano (attuale cantante dei «Dirotta su Cuba»), Frank Head, Tiziano Orecchio e molti altri. È però soprattutto Giorgio Gaber il suo vero padre artistico, nonché primo assoluto punto di riferimento culturale. Canta da anni le canzoni del «signor G.» in varie occasioni pubbliche e private. L'intento di Luigi e Andrea non è però solo quello del semplice tributo-omaggio, ma anche quello della divulgazione di molti aspetti della produzione di Gaber che son forse rimasti più di nicchia in seguito alla coraggiosa decisione di Giorgio (già agli inizi degli anni ‘70) di abbandonare del tutto la tv, grazie a cui era comunque diventato molto popolare, e di dedicarsi solo ed esclusivamente agli spettacoli nei teatri, in cui trovò per sempre il suo habitat naturale. Molto interessante è poi il coraggioso tentativo di Baccassino di spruzzare qua e là, le celebri invettive gaberiane e i monologhi, di comuni espressioni dialettali salentine, rendendo così lo spettacolo (che spesso è anche molto colto) più fresco e popolare, fruibile e comprensibile per chiunque.

 

A Calimera, presso la zona artigianale del paese a partire dalle 17, il noto fotografo Piero Marsili Libelli espone alcune sue splendide foto fatte durante la lavorazione del film tv «Caravaggio», prodotto dalla Rai per la regia di Angelo Longoni, con il Premio Oscar Vittorio Storaro, direttore della cinematografia. L'evento è organizzato nello stabilimento della Falegnameria Cursano, da sempre sensibile ed aperta a tutto ciò che, direttamente o indirettamente, è legato al concetto di arte e manualità. L'azienda da tre generazioni porta avanti, con la maestria e la manualità dei suoi artigiani, l'antico mestiere del lavorare il legno quasi come avveniva nelle «botteghe» rinascimentali, fucine di idee e avanguardie entro le quali anche il Caravaggio, insieme a tanti artisti, venivano formati. L'amicizia e la stima che lega Antonio Cursano all'artista toscano Piero Marsili Libelli, celebre in tutto il mondo soprattutto per gli struggenti e crudi reportage di guerra realizzati nel corso della sua carriera di fotografo, ha fatto sì che questa serie di foto venga proposta al pubblico salentino. Il fotografo di grandi set cinematografici con Giuliano Montaldo, Francesco Rosi, Carlo Lizzani, molto amato da Michelangelo Antonioni (del quale adesso una sua unica e inedita mostra sul grande maestro sta facendo il giro del mondo), vuole qui assimilare, con un colpo solo, l'artigianalità e l'arte. Proprio laddove, in una bottega, un laboratorio, vengono create opere per l'uso quotidiano, per la vita di tutti i giorni, laddove la maestria dei falegnami e la tecnologia dei moderni macchinari producono quanto la praticità richiede, tra gli attrezzi impolverati, in mezzo a trucioli e segatura: tutto questo fa da cornice a queste straordinarie immagini, «rubate» sul più recente kolossal televisivo italiano, una fiction destinata a restare agli annali della storia della televisione, per l'intensità delle immagini, per la qualità delle riprese e della recitazione, per il grande impatto emozionale che ha saputo suscitare in milioni di telespettatori. Libelli ha già esposto alcune foto tratte da questo set durante la mostra fotografica «La luce rubata», lo scorso febbraio presso la «Libreria del Cinema» a Roma, con importante successo di critica e di pubblico, che ha ulteriormente confermato le doti e l'esperienza del fotografo. Il titolo della mostra non è stato casuale: durante il suo backstage fotografico ha lavorato «rubando» e rivisitando la luce di due grandi maestri dell'immagine, Vittorio Storaro, che ha diretto la fotografia del film di Longoni, e Caravaggio, alla cui pittura il film rende omaggio. Da questo incontro è nata l'ispirata serie di ritratti di Piero Marsili, momenti quotidiani e gesti di una troupe cinematografica al lavoro immersi nella poetica della luce caravaggesca. Un percorso d'istanti di «luce rubata» tra cinema, fotografia e pittura. Figura professionale, quello del fotografo di scena, che alla memoria di cinema e teatro, e alla sua promozione, reca un apporto imprescindibile. Segnano i ricordi e le emozioni del set, raccontano istanti ed emozioni di quello che è fare cinema, uno dei lavori più belli del mondo, ma complesso e difficile. Le stesse fotografie sono state ospitate al Castello Odescalchi di Bracciano, a New York, mostra organizzata dalla Film Society del Lincon Center, hanno vinto l'undicesima edizione del «Festival dei Fotografi di Scena», nella categoria «miglior serie a colori» di Clik Ciak. Il Caravaggio, interpretato dall'attore Alessio Boni, resterà impresso, per sempre, negli straordinari scatti di questo importante artista, di questo fotografo acclamato, al di fuori del piccolo schermo, della sua dimensione puramente televisiva. Tornerà, per magia, per intuizione, a vivere in un laboratorio, in un piccolo opificio come quelli che lo stesso Caravaggio amava frequentare, da cui spesso traeva spunti per la sua tecnica e la sua meravigliosa arte. Calimera della Grecìa Salentina, isola ellenofona di grande attivismo culturale, è ormai nota in tutta Italia per il suo dinamismo nelle arti, nella musica, nella letteratura. Insieme ad altri otto comuni, tra cui Martano, Melpignano e Corigliano d'Otranto, Calimera (che porta in sé, nel proprio nome, i segni della cultura greca che qui si insediò), rappresenta un singolare fenomeno sia culturale che turistico, in crescita costante, spesso ripreso dalla stampa nazionale, soprattutto per la importante kermesse sulla musica popolare che è la «Notte della Taranta». La mostra è organizzata dalla Falegnameria Cursano in collaborazione con l'associazione Zero Project di Martano, che si occupa di promozione cinematografica, produzioni cinetelevisive ed eventi culturali ed artistici. Resterà aperta al pubblico anche domenica 28 dicembre, sempre dalle 17.

 

A Novoli, a partire dalle 21,30, la rassegna Tele e Ragnatele della Saletta della Cultura Gregorio Vetrugno, realizzata con il contributo della Regione Puglia e in collaborazione con la Cooperativa Coolclub, si chiude con il concerto di uno degli esordi cantautoriali italiani più belli del 2008, ovvero il giovane Vasco Brondi ed il suo progetto «Le Luci della Centrale Elettrica». Brondi, ventiquattrenne di Ferrara, con un nome d'arte molto singolare, ha pubblicato il disco d'esordio che ha fatto entusiasmare il pubblico rock; ha saputo infatti reinterpretare la tradizione dei cantautori italiani in chiave rock-punk. Da un punto di vista stilistico-vocale, il giovane cantautore ricorda il tocco ironico - onirico di Rino Gaetano, ma richiama anche alcune belle canzoni di Vasco Rossi e Luca Carboni. La musica del cantautore è punk-rock e molto ben costruita, ma il vero miracolo di Vasco Brondi sono i testi, raffinatissime poesie di denuncia. Per ascoltare qualcosa di simile bisogna scomodare il Guccini del secolo scorso, Bertoli o De André. Brondi ne ha per tutti, a cominciare dall'America che è stata fornitrice di armi dell'Iran e che oggi vorrebbe bombardare, alle menzogne politiche capovolte, dei democristiani che mangiavano i bambini, alla prepotenza ingiustificata di alcuni poliziotti (forse della Genova del G8). «Canzoni da spiaggia deturpata» è considerato da molti il più bel disco di esordio degli ultimi dieci anni, nel panorama musicale italiano e «Le Luci della Centrale Elettrica», la vera rivelazione dell'ultima stagione musicale. Voce roca e chitarra che malinconicamente narrano le vite di provincia tutte uguali. Vasco sarà accompagnato alla chitarra da Giorgio Canali, che ha anche prodotto il suo disco d'esordio, premiato con la «Targa Tenco», come miglior esordio. Vasco propone un progetto di cantautorato denuclearizzato. Un cantautorato attualizzato, che non trascura le distorsioni sature, le frasi urlate, i ritmi ossessivi. Una chitarra acustica/distorta comprata a rate e una voce che sussurra urla e tossisce. «Da marzo scorso ho suonato in apertura di parecchi concerti di Moltheni grazie al paradossale interesse di quest'ultimo per Le luci della centrale elettrica», sottolinea Brondi. «Aprii date anche di Vinicio Capossela, degli Ardecore, dei Franklin Delano, di Bugo, di Dente, dei Tre Allegri Ragazzi Morti, degli Zen Circus, e di Giorgio Canali. Ho stravolto «Un Giorno Balordo» per una compilation dei «Diaframma» voluta da Federico Fiumani, in uscita a metà maggio e che vede la partecipazione tra gli altri di Marlene Kuntz, Baustelle, The Zen Circus, Dente, The Niro». Ingresso: 5 euro. Per info sul concerto: 347 0414709 oppure marioventura3@virgilio.it.

 

E si prosegue a Presicce, presso il Teatro «Don Tonino Bello» a partire dalle 17,30, con lo spettacolo «Arcoiris», per la rassegna «Mi hanno detto di esser buono…». È la storia di una bizzarra maga fuggita da un mondo tutto rosso che racconta come sono nati i colori. Per scongiurare l'immobilità e la tristezza di un mondo solo grigio e nero, scende nella sua cantina laboratorio e attraverso strane combinazioni scopre i colori fondamentali: prima il blu, poi il giallo, infine il rosso. Ma dopo il primo entusiasmo si rende conto che questi colori da soli non funzionano. Con l'aiuto di una lavagna e di una musica che diventa luce e poi pannello, i colori si fanno metafora di verità e purezza. Il colore, in fondo, è lo sguardo che gettiamo sul mondo e che ci restituisce sensazioni, emozioni, sentimenti. Il colore è un luogo dell'anima dove abita la nostra personale maga delle combinazioni e dove, passando oltre lo spazio scenico, si svolge questa storia. Qui, grazie ad un abile disegnatrice e al supporto tecnico, si creano immagini e si da forma ad atmosfere suggestive. Arcoiris, questa donna maga bambina, il cui nome in castigliano significa «arcobaleno» e racchiude in se il senso dell' intero spettacolo, è l'umanità ingenua che non si interroga sulle proprie azioni se non quando costretta dagli eventi. È un personaggio frizzante: diverte, intenerisce,fa pensare. Lo spettacolo, ricco di rimandi simbolici e introspettivi, lancia un messaggio quanto mai attuale e offre delle verità fondamentali che, come i colori, se rimangono isolate diventano sterili e dannose perché danno una visione univoca delle cose. Solo mischiando insieme questi colori, quindi solo attraverso il confronto si può trovare un equilibrio che faccia funzionare il mondo in maniera armonica. Perché la vita non è mai solo bianca o nera, solo grigia, solo blu o gialla o rossa. La vita è colore, è tutti i colori messi insieme, è lo stupore di fronte alla bellezza di un fiore che raccoglie in sé tutte le sfumature del mondo. «Arcoiris» è uno spettacolo per bambini che si rivolge alla persona senza età che è in ognuno di noi. Il testo è di Silvia Civilla, la realizzazione possibile grazie a Daniela Cecere, Fabio Matisse Corallini e Marco Oliani. Biglietti: 5 euro. Per informazioni: 0833.726635.

 

A Squinzano, continua senza sosta la ricca programmazione in occasione delle festività natalizie, organizzata presso l'Istanbul Cafè. Nell'ambito di «Double Bass Live», infatti, spazio ai «Colle der Formento». I Colle Der Fomento sono un gruppo hip hop italiano nato nel 1994 dagli MC Danno e Masito(all'epoca conosciuto come Beffa) e dal dj e beatmaker Ice One (attualmente DJ Sensei). Il nome iniziale della band è «Taverna Ottavo Colle», che esordisce nel 1994 con il singolo «Sopra Il Colle», inserito nella compilation Rap O Rap pubblicata da Irma Records. Nel 1996 esce «Odio Pieno», lp d'esordio del gruppo, che ha già la denominazione attuale, che ha un forte impatto sul mondo dell'hip hop italiano, specialmente underground. I toni del disco infatti si riconoscono nella scena underground: strumentali semplici ma efficaci, beat cadenzati e trascinanti, rime schematiche ma ugualmente d'effetto. Ricevono la nomination come «Miglior Gruppo Emergente» al Premio Italiano della Musica (PIM) nel 1997. Seguono numerose collaborazioni con artisti hip hop nazionali: con Dj Double S (mixtape «Lo Capisci L'Italiano» Vol.1), Kaos (nel brano «Ciao Ciao», anche con Piotta), Otr, La Pina (nell'album «Piovono Angeli») e la scena romana con Flaminio Maphia, 2 Buoni Motivi, Piotta. I Colle Der Fomento costituiscono poi il «Rome Zoo», un collettivo promotore della cultura hip hop costituito dagli artisti più rappresentativi della scena romana. Nel 1999 pubblicano con Virgin Records «Scienza Doppia H», che si afferma anche a livello internazionale grazie ai singoli «Vita» e «Il Cielo Su Roma», in rotazione su Tmc2 ed Mtv, trampolino di lancio per la band, che compare sul piccolo schermo in «Roxy Bar» di Red Ronnie e «Kitchen» di Andrea Pezzi. Nello stesso anno Ice One abbandona il gruppo e viene sostituito da Dj Baro. I Colle rimangono in silenzio per dedicarsi ad altri progetti: Danno, sotto lo pseudonimo di Jake la Motta, partecipa al gruppo capitolino «Scimmie Del Deserto». Si moltiplicano le collaborazioni: con El Presidente, in «Tutti Gli Uomini Del Presidente», con Sano Business, con Turi, con Sparo ed altri ancora. La successiva diffusione dei brani «Un Grosso Vaffanculo» e «Metal Gear Solid» fa circolare la voce di un prossimo ritorno sulle scene della formazione; nel 2004 é la volta di «Coltelli», che entra nella compilation del DJ e produttore Dj Shocca 60 Hz. Nel 2005 pubblicano un EP/singolo, «+ Forte Delle Bombe», con produzioni di Mr. Phil. Nel febbraio del 2007 pubblicano il loro terzo album intitolato «Anima e ghiaccio». Attualmente i Colle Der Fomento passano il tempo tra progetti radiofonici e fortunati tour. Il Colle Der Fomento rimangono tra i gruppi più rappresentativi dell'hip hop in Italia, arrivando a condividere palchi con maestri d'oltreoceano del genere come i Fugees o Kool DJ Herc, considerato uno dei padri fondatori dell'hip hop. In apertura «Resina Sonora» e «Scritti Mistici». Il primo gruppo nasce con l'intento di realizzare un progetto che, attraverso liriche rap, esponga alla gente tecniche musicali e testi basati sulle proprie esperienze quotidiane e artistiche. Nel ‘98, dopo diversi anni da solisti, Jakal (Claudio Filigrana), Rifle (Jerry Bramato) e Tonio (Antonio Mastria G.) con Dj Cordella (attualmente dj negli Apres la classe) formarono i «Fottuti Randagi» , gruppo che diede vita ad alcuni lavori molto validi ma mai conclusi per motivi tecnici e per mancanza di uno studio adeguato alle loro esigenze e possibilità economiche. Dopo l'uscita del dj, i tre rapper si ritrovano senza alcun produttore ma non per questo fermano la loro attività musicale. Tonio decide di creare un piccolo home-studio la»K.S.P.» (Kiavino Sound Produzioni) dove comincia a prendere familiarità con le tecniche di registrazione. Successivamente alla creazione della K.S.P. si aggiunge alla crew un altro elemento basilare:Dj DB (Dario Blasi) con cui il gruppo continua la sua produzione. Dopo alcuni mesi in studio i Resina Sonora decidono di presentare un promo autoprodotto intitolato «Buio e Luce» , apprezzato largamente dal pubblico underground del basso Salento e che procura al gruppo varie esibizioni live tra cui la pi? importante il 6 agosto 2004 a Ruffano (LE) come supporters al gruppo «Assalti Frontali». Attualmente il gruppo lavora su circa venti pezzi gi? registrati e su nuovi brani ancora in lavorazione e ricerca un discografico o etichetta disponibile a pubblicare un cd d?esordio. Il sound dei R.S. rimbalza tra vecchia e nuova scuola , dando forza ai testi carichi di argomenti e liriche d'assalto. L'ingresso prevede la consumazione. Maggiori informazioni al sito: http://www.myspace.com/istanbulcafe.

 

A Lecce, dalle 20 al Fondo Verri, secondo appuntamento de «Le Mani e l'Ascolto», rassegna di suoni e parole, che presenta «Seven», composizioni per piano solo di Massimo Carrieri e Pino Ricco con il libro «Apri gli occhi» (Ennepilibri). Musicista e compositore, Carrieri è nato a Martina Franca nel '75. Dentro la sua musica sgomitano impegno e intuizioni. Ma la sua carta d'identità è tuttora sconosciuta ad un pubblico più vasto. Anche alle nostre latitudini: che, alla fine, sono anche le sue. Malgrado abbia scritto anche per Antonella Ruggero. E nonostante si siano avvicinati alla sua fonte Nico Morelli o Massimiliano Pitocco, uno dei principi del bandoneón in Italia. «Seven» è costruito su «sette quadri distinti e, quindi, sette significati differenti». Album intimista e, sicuramente, anche molto intimo, «Seven» affonda le radici nella classica contemporanea e nasconde una storia suggestiva: «è stato interamente registrato all'interno dell'Istituto di Meditazione e Preghiera «Le Sorgenti», tra Lecce e Novoli. Un giorno ci passai davanti e mi affascinò l'architettura da castello medievale. Poi, è passato del tempo. Successivamente, a spartiti completati, volevo evitare la freddezza di uno studio di registrazione e la routine dei tecnici. Mi ricordai di quel luogo: ci sono rimasto cinque giorni, da solo. C'ero io e la strumentazione appositamente trasportata sin lì per autoregistrarmi: bastava premere un pulsante e suonare». Cambio di clima con «Apri gli occhi», giallo ambientato in Puglia» da Pino Ricco, lo presentano Alessandra Bianco e Teo Pepe. Un uomo felicemente consapevole della sua serena quotidianità assiste ad una rapina nella quale resta ucciso un tabaccaio. Senza volerlo, incrocia e riconosce il rapinatore-assassino: un suo vecchio compagno di scuola, diventato nel frattempo un pericoloso criminale. Pur decidendo di non denunciarlo, il protagonista si ritrova coinvolto in una vicenda più grande di lui, costretto ad accettare una realtà che non avrebbe mai immaginato di affrontare. La frase «Apri gli occhi!» che a Bari può essere un semplice saluto, un incoraggiamento, un augurio, una battuta o anche una pesante minaccia, diventa per lui una vera e propria persecuzione. Per sfuggire a pressioni psicologiche, intimidazioni e vessazioni, decide di testimoniare, pur sapendo di dover lasciare la città di cui è innamorato, gli affetti e la sua vita tranquilla. L'ingresso è libero. Maggiori info: 0832.304522.

 

L'EDITORIALE
Diretta in streaming con la radiocronaca della partita e la differita.
RETELUNA TV
CAMPIONATI ITALIANI
La redazione
La società di Franco Alemanno conquista 3 ori e 3 bronzi individuali.
QUASI IN B
La redazione
A pochi giorni dalla fine del campionato il Lecce lotta per la salvezza.
CRESCE L'ATTESA
di Giorgio Coluccia
Zampa: «Abbiamo ancora fame, vogliamo arrivare in serie B subito».
I FALCHI VOLANO
La redazione
La Dimcar Falchi Ugento vincono tre set. Ora secondi in classifica.
SCACCO MATTO
di Giorgio Coluccia
Al team di Giannini basta un tempo per risolvere la pratica Benevento.
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