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UFFICIO RECLAMI
SQUINZANO | Suggestiva la scenografia, fondale nero e striscia bianca come serietà e impegno
Carlo Bonanni porta sul palco il mito di De Andrè
[07/12/2008]


di Irene Palma


Salento, appuntamenti dell'8 dicembre | Lecce, Squinzano, Calimera, Tricase. Musica, cinema, teatro per un inizio settimana ricco di eventi, nel giorno in cui si festeggia l'Immacolata. A Squinzano, nella piazza principale alle 21, appuntamento con la musica del cantautore Fabrizio De Andrè, con lo spettacolo «Caro De Andrè». È una dichiarazione d'amore più che un omaggio quello dell'Orchestra Intermusic, un progetto che «nasce, per una sorta di ‘non abbandono autarchico', il 13 novembre 1999, al Teatro Pagani di Monterubbiano», racconta Carlo Bonanni (chitarra e voce solista). Un progetto che si è poi evoluto, grazie soprattutto agli artisti che di volta in volta vi hanno partecipato musicisti, scenografi, attori, ballerini, musicologi, fonici fino ad acquisire un volto proprio. Lo spettacolo è finalizzato alla rivelazione dei testi, per mezzo di associazioni video cinematografiche (con video tratti da veri e propri monumenti del cinema, curate dal regista Vincenzo Pasquali), letterarie (con citazioni di opere che hanno alimentato il percorso umano dell' artista) e sonore. La scenografia è essenziale e simbolica: un fondale nero con una striscia bianca. Fasce di luce rossa che s'intersecano. Il bianco e nero rappresentano la serietà e l'impegno, il rigore e la lucidità di analisi nell'opera di De Andrè. Il rosso è la passione ed il convincimento con cui sono affrontati gli argomenti nelle sue canzoni. Insieme a Bonanni, suonano Florindo Terrani (tastiere, fisarmonica, arrangiamenti), Massimo Liverotti (chitarra acustica, classica, elettrica, bouzouki), Giovanni Damiani (batteria), Andrea Basili (basso, violoncello, direzione dei cori), Gionni Di Clemente (chitarra acustica, classica, bouzouki, oud, mandolino, sitar), Michela Alessandrini (flauto traverso, flauto dolce, ottavino, ocarina), Roberto Rocchetti (violino), Alessandro Ferrato (percussioni), Tiziana Mariliungo (voce solista, corista), Alessandra Tiburzi (corista) e Maria Pacifici (corista). Maggiori informazioni al 339.4327662.

 

A Lecce, secondo appuntamento con il cinema per la prima edizione del Festival «Tertio Millennio Film Fest Salento», diretta emanazione del prestigioso «Tertio Millennio Film Fest» di Roma, giunto alla XII edizione. Dopo «Le pere di Adamo», documentario di Guido Chiesa, prende il via, a partire dalle 9,30 presso il Cineteatro DB d'Essai, la proiezione della prima assoluta di «Juliet», ultima creazione del regista salentino Gianni De Blasi, prodotto dalla Cooperativa L'Adelfia. Un equipaggio composto da cinque persone affette da disturbi psichiatrici, parte da Otranto alla volta della Grecia a bordo della «Juliet», una barca a vela di 13 metri. L'equipaggio è completato dallo skipper Antonio Todisco, da un medico e da un infermiere. Durante il film i ruoli tra «sano» e «malato» si scambieranno, dimostrando che alla fine... siamo davvero tutti sulla stessa barca». Il documentario è stato realizzato lo scorso giugno durante la regata Otranto-Corfù, effettuata da ospiti delle comunità riabilitative dell'Adelfia, in occasione della chiusura del manicomio di Corfù e dei trent'anni dall'emanazione della legge 180. Particolare interesse deriva dalla necessità di impedire che alcune proposte di legge, avanzate in parlamento, stravolgano l'attuale normativa in tema di assistenza psichiatrica. La presentazione vedrà il coinvolgimento anche di registi locali che presenteranno in anteprima i loro ultimi lavori, per un'edizione diretta da Giovanni Scarafile e organizzata dalla Fondazione Ente per lo Spettacolo di Roma, dal Laboratorio di Filosofia del cinema dell'Università del Salento, dalle Manifatture Knos di Lecce e dal Cineteatro DB d'Essai di Lecce. L'ingresso è gratuito. Per maggiori informazioni: 338.6394932.

 

Spostandoci a Tricase, a partire dalle 19, presso la Sala del Trono del Palazzo dei Principi Gallone, si può assistere alla proiezione di «Chiamami maestro», docufiction dedicato alla figura del grande poeta Girolamo Comi. Il documentario è stato girato da Elio Scarciglia, nella splendida casa di Lucugnano del poeta, nato a Casamassella il 23 Novembre 1890 da nobile famiglia. Girolamo frequentò a Maglie e poi a Lecce il Liceo-ginnasio con poco profitto, finché non fu costretto ad andare in collegio ad Ouchy in Svizzera, dopo la morte del padre. Per la sua vita turbolenta, condotta all'insegna del più completo appagamento dei sensi - fu coinvolto anche in uno scandalo con una donna sposata - la madre, rigida moralista, gli sospese lo stipendio mensile. Nel 1912 Comi iniziò la sua attività poetica, pubblicando a Losanna «Il lampadario» per poi trasferirsi a Parigi dove venne in contatto con Verhaeren, Claudel, Valéry ed ebbe modo di approfondire la lettura dei padri del simbolismo francese da Baudelaire a Mallarmé. Nel 1927, dopo un matrimonio poco felice, il poeta si trasferì a Roma e poté conoscere Ernesto Buonaiuti, Nicola Moscardelli, Arturo Onofri, dalle idee religiose dei quali la sua vita ricevette un'impronta indelebile ed una direttrice ortodossa che lo condusse, nel 1933, ad una convinta fede cattolica, ad una profonda maturazione esistenziale, ad un sentimento del cosmo come opera dell'«architettura divina».
Nel frattempo Comi aveva pubblicato altre «plaquettes» poetiche: «I rosai di qui», «Smeraldi», «Boschività sottoterra» e il «Cantico del tempo e del seme». Già nelle prime opere è contenuta in germe l'evoluzione spirituale del poeta dal panismo e dal panteismo al dogmatismo cristiano ed elementi quali la luce, il Sole, la pietra e il verde della natura ormai preannunciano la svolta successiva. Vita e poesia in Comi s'intrecciano e, pertanto, anche la sua produzione poetica subisce un parabola e si adegua ad una visione organica dell'universo come creazione e specchio della perfezione divina. Nella nuova prospettiva comiana, se il cosmo è un immenso edificio architettonico in cui ogni piccola cosa tommasianamente ha un suo posto particolare, la poesia, che si identifica con la grazia, serve a scoprirne il codice e ad accedere all'eterno, dal gradino più basso sino al gradino più alto, fino alla dantesca rosa dei beati, sino al Verbo, al Logos, a Dio. E' una continua catarsi che permette l'ascesa all'empireo dal paganesimo di Adamo alla sua santificazione. Proprio per questa visione della vita vissuta all'insegna del cattolicesimo, Comi approda al suo Salento con il proposito di promuovere un riscatto della cultura provinciale. Dopo il suo soggiorno a Roma, infatti, il poeta si trasferì , nel 1946, a Lucugnano e, pochi anni dopo, fondò l'Accademia salentina coinvolgendo scrittori, letterati, critici e artisti quali Oreste Macrì, E. Falqui, Mario Marti, Vincenzo Pierri, Maria Corti e dando l'avvio alla rivista «L'Albero». Nobile nelle intenzioni, il tentativo di dar vita alla cultura provinciale salentina ancora asfittica e sempre più soffocata nelle maglie della coscienza, era destinato a fallire in quanto la rivista mantenne sempre la sua aristocraticità e la sua lontananza dai problemi reali del Salento, innalzando quindi una torre d'avorio assediata da una parte dalla cultura nazionale che procedeva con ritmo incalzante, dall'altra proprio dai salentini che la relegarono, all'inizio, in una posizione quasi del tutto marginale.
D'altro canto nella poesia di Comi il Salento appare quale categoria della propria anima: un Salento sempre vivo nel suo cuore , anche quando non lo menziona esplicitamente. Dagli scenari salentini, infatti, il poeta trae i paesaggi metafisici pieni di luce delle sue poesie; il brullo colore della terra argillosa, il verde rigoglioso di stanche primavere, i vivi colori delle rose, la solarità dei frutti, il largo respiro degli ulivi. Poeta della sua terra, dunque, ma anche poeta degli uomini che la coltivano. Il poeta fa conoscere al mondo le condizioni della sua gente, del suo salento e si fa foriero di «questo fievole grido desolato/Che doveva commuovere il mondo». E se, da un lato, i contadini sudano il loro pane, dall'altro vi è «l'aristocrazia della terra agricola, i suoi capricci elementari, le sue stagioni, le sue lune, le sue pompe, la sua lussuria, la sua castità, i suoi letarghi oceanici» (da «Cantico del tempo e del seme», «La terra di qui»). Una vita di sofferenza fu quella dell'autore; dal fallimento di numerosi tentativi di avviare dei piccoli commerci o delle piccole industrie il poeta, ne usciva sempre più sconfitto economicamente e prostrato moralmente. Un'inettitudine agli affari che è connaturata nella nobiltà, ma che in Comi era portata alle estreme conseguenze dal suo amore per la poesia e dalla sua moralità e onestà di cattolico convertito. Nel 1953 rifiutò, difatti, l'eredità della moglie morta a Roma, condannandosi ad una indigenza quasi totale e alla necessità di cedere il suo palazzo e la sua biblioteca all'Amministrazione provinciale di Lecce in cambio del pagamento dei debiti e di un contributo mensile. I problemi finanziari, però, avevano minato notevolmente la sua salute. Ultima raccolta a vedere la luce dopo «Spirito d'armonia», che aveva vinto il premio Chianciano, e «Canto per Eva», fu «Fra lacrime e preghiere», un canto sofferente ma illuminato dalla luce vivificante della speranza di una rinascita. Negli ultimi anni della sua vita sposò in seconde nozze Tina Lambrini, la sua fedele governante che gli era stata sempre vicina, anche in povertà. Morì a Lucugnano il 3 Aprile 1968. Interverranno Antonio Musarò (sindaco di Tricase), Nunzio Dell'Abate (assessore alla cultura della città di Tricase), il Donato Valli (docente emerito dell'università del Salento), Alessandro Laporta (Direttore della biblioteca provinciale di Lecce) con la partecipazione di Sandro Melissano, Antonio Miggiano, Giuseppe Miggiano, Laura Nascosto, Mariangela Nascosto, Maria Antonietta Rizzello, Emanuele Scarciglia e Marianna Stefanelli.

 

A Lecce, si riapre ancora il sipario dei Cantieri Koreja, a partire dalle 20,45, per lasciare il palco ad un «Ex Amleto». Un nuovo appuntamento per la rassegna teatrale «Strade Maestre» che presentano sul palcoscenico una sedia, un flauto, uno specchio, una spada, un teschio. Sono gli oggetti di una scena nuda in cui s'insinua, in tutta la sua disperata solitudine, Amleto. Un Amleto stanco, fuori dal tempo, un attore che ha passato l'età di poter fingere di essere Amleto, che ripercorre idealmente l'esistenza del principe di Danimarca, alla luce della sopraggiunta saggezza, con l'intramontabile voce di Roberto Herlitzka. Dialoga con gli altri, invisibili, personaggi della coralità shakespeariana, appare morente e, allo stesso tempo, cosciente di percorrere una parabola discendente. Intesse monologhi fatti di riflessione e di rabbia per la propria ignavia, per la propria impotenza di fronte alla stupidità, alla noia. La sua narrazione ripercorre esattamente la tragedia, sintetizzandone gli atti, in un gesto, in una parola, in un silenzio, compiendo un'esplorazione del più grande sentimento teatrale: la solitudine. Ingresso 12 euro, ridotto 8. Per maggiori informazioni, rivolgersi al numero 0832.242000.

 

A Calimera, presso il cine-teatro Elio, alle 21, Astragali Teatro presenta «Beckett Suite», per la regia di Fabio Tolledi. In Beckett, maestro per eccellenza del refrain ossessivo e dell'interrogazione, l'attore-uomo, in ogni suo dramma, appare invischiato nella scrittura, quanto pronto ad evadere dal mondo delle parole; parole che sono sempre e comunque parole-immagini e mai solo per gli occhi e mai solo per le orecchie. Da questo parte Astràgali per presentare sette piccole pièce, in un allestimento speciale che cambia lo spazio scenico del Teatro Elio. La rappresentazionedf attraversa questi sette drammi di Samuel Beckett, drammaturgo irlandese nato a Foxrock nel 1906, premio Nobel per la letteratura nel '69, autore di opere fondamentali per il teatro come «Aspettando Godot», «Finale di partita», «Giorni felici», «L'ultimo nastro di Krapp». La scelta che Fabio Tolledi fa per la regia di «Beckett Suite» è inusitata, in quanto vengono messe in scena alcune opere di Beckett forse meno note: «Quella volta», «Improvviso dell'Ohio», «Non io», «Passi», «Cosa Dove», «Respiro», «Quad». Il regista parte, però, dalla consapevolezza che ogni messa in scena di drammi beckettiani non può che essere un tradimento della parola di Beckett. Tradimento dovuto, necessario, assoluto. Un percorso in un mobile mondo beckettiano, che vede affiorare figure essenziali, al cuore del dramma, con terribile precisione, nel tradimento assoluto, nude presenze della vita, con il loro insorgere tra il senso di una perdita assoluta, condizione del rifiuto, che mette fine al possibile, al di là di ogni stanchezza per «continuare a finire». L'ingresso è libero. Per maggiori info:0832.306194, 320.9168440.

 

L'EDITORIALE
Diretta in streaming con la radiocronaca della partita e la differita.
RETELUNA TV
CAMPIONATI ITALIANI
La redazione
La società di Franco Alemanno conquista 3 ori e 3 bronzi individuali.
QUASI IN B
La redazione
A pochi giorni dalla fine del campionato il Lecce lotta per la salvezza.
CRESCE L'ATTESA
di Giorgio Coluccia
Zampa: «Abbiamo ancora fame, vogliamo arrivare in serie B subito».
I FALCHI VOLANO
La redazione
La Dimcar Falchi Ugento vincono tre set. Ora secondi in classifica.
SCACCO MATTO
di Giorgio Coluccia
Al team di Giannini basta un tempo per risolvere la pratica Benevento.
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