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<p style="margin-bottom: 0cm;" align="justify"><strong>LECCE</strong> | <strong>Antonio
Capone</strong>, assessore all’Ambiente del Comune di Lecce, fa sapere
all’amministrazione comunale, che intende dar vita al un commercio
agricolo, abbattuto dagli ipermercato. I contadini, secondo Capone,
dovrebbero avere uno spazio la domenica, per poter vendere il loro
raccolto. «Carovita, diminuzione dei consumi alimentari, prezzi
dei beni primari come pane e pasta che schizzano alle stelle, un
generale impoverimento della nostra società che ha ovvie
ripercussioni sui ceti meno abbienti. Insomma, il quadro generale non
è dei migliori e sarebbe cosa saggia che anche la nostra
amministrazione comunale, messi alle spalle gli sforzi organizzativi
per la festa dei Santi Patroni, sforzi organizzativi che hanno
assorbito energie e risorse in maniera ossessiva, si preoccupasse di
dare il proprio contributo alla risoluzione di queste situazioni che
non si risolvono soltanto aspettando con il naso all’insù
gli effetti delle manovre macroeconomiche messe in atto dalla banca
mondiale o dai Governi, ma anche prendendole di petto con
provvedimenti locali che ci si impiega pochissimi minuti ad
approvare.</p>
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<p style="margin-bottom: 0cm;" align="justify">Prendiamo per esempio il
caro-beni di prima necessità? Crediamo davvero che la grande
distribuzione organizzata sia venuta incontro ai nostri cittadini in
questi momenti delicati? Crediamo davvero che la grande distribuzione
organizzata abbia portato esclusivamente ricchezza nel nostro
territorio? Il mercato ne ha tratto davvero soltanto benefici? In
realtà i grandi ipermercati – evidenzia Capone - hanno
contribuito ad impoverire le piccole realtà commerciali che
oggi sono costrette a chiudere perché non riescono a sostenere
la concorrenza. Si sono così create sacche di disoccupazione
preoccupante e la categoria dei coltivatori diretti è ormai
abbandonata a se stessa. Nessuno ha voluto tutelare gli agricoltori
che, ormai, vedono il proprio reddito assottigliarsi a causa della
difficoltà a vendere i propri prodotti.</p>
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<p style="margin-bottom: 0cm;" align="justify">È davanti agli
occhi di tutti che le campagne sono vuote e non producono più
ricchezza. I prodotti della terra conoscono numerosi passaggi prima
di essere venduti negli scaffali dei grandi ipermercati. E i prezzi,
com’è ovvio, si triplicano. Il contadino, però, non
ci guadagna e non ha il capitale sufficiente per portare avanti la
propria azienda agricola. E i cittadini? I cittadini non solo sono
costretti a pagare i prodotti agricoli a prezzi altissimi, ma hanno
anche perso il gusto dei veri sapori della nostra terra. Il 70 per
cento dei prodotti alimentari che ogni giorno consumiamo, vengono
importati dall’estero senza alcun controllo sanitario, a totale
nocumento della nostra salute.</p>
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<p style="margin-bottom: 0cm;" align="justify">È per questo che è
bene che da subito l’amministrazione comunale si impegni a
organizzare, come avevamo suggerito noi in tempi non sospetti, uno
spaccio comunale per i piccoli coltivatori diretti, i quali, magari
la domenica mattina, potranno vendere i propri prodotti, controllati
adeguatamente dalle Asl. I costi scenderanno, quindi, e, mentre gli
agricoltori avranno la possibilità di tornare ad essere una
categoria produttiva efficiente, i cittadini potranno acquistare i
prodotti della terra, aventi provenienza certa e controllata, a
prezzi equi e ragionevoli.</p>
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<p style="margin-bottom: 0cm;" align="justify">Un’amministrazione
comunale deve pensare al benessere dei propri cittadini, siano essi
produttori o consumatori e, in particolare, il Comune di Lecce non
dovrebbe dimenticare la vocazione agricola del proprio commercio.
Ogni categoria economica deve essere tutelata ed aiutata a crescere.
In particolare quella che più di tutte ha risentito della
concorrenza sul mercato. Le attività agricole devono rifiorire
e contare su politiche di sostegno concrete. Ma c’è di più.
L’organizzazione e l’apertura degli spacci comunali potrebbe
essere facilmente collegata ad un provvedimento semplice che nel giro
di pochi giorni farebbe scomparire, in un sol colpo, tutte le
discariche a cielo aperto che si trovano lungo la cinta muraria della
nostra città, valorizzando magari il tempo libero di tanti
nostri concittadini anziani, in pensione, che, terminata la loro
esperienza lavorativa, non hanno voglia di trascorrere le giornate
nella noia e pensano di potersi ancora sentire efficienti, rendendosi
utili a se stessi, alla loro famiglia ed alla loro comunità
cittadina.</p>
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<p style="margin-bottom: 0cm;" align="justify">È da una risposta
congiunta a queste due esigenze che potrebbe realizzarsi il progetto
per la realizzazione di orti botanici lungo tutto l’anello
periferico della città da affidare alla cura ed alla gestione
dei nostri concittadini con i capelli bianchi. Di cosa si tratta in
sostanza? Tutto molto semplice. Le periferie che circondano ad anello
la città di Lecce sono composte da appezzamenti di terreno
agricolo di proprietà del Comune. Appezzamenti incustoditi,
non protetti, ovviamente non recintati e chiaramente non tutelati.
Appezzamenti agricoli lasciati all’abbandono che diventano
discariche abusive a cielo aperto e ricettacolo dell’inciviltà
e dell’incuria di chi non ha a cuore il bene pubblico. Perché,
allora, non pensare di recuperare quelle zone, la cui bonifica ha dei
costi altissimi per le tasche dei contribuenti, organizzandole in
orti botanici da dividere al loro interno in piccoli lotti da 60/70
metri quadri ciascuno, da assegnare in gestione ai concittadini
leccesi anziani che ce ne fanno richiesta, promettendoci in cambio
l’impegno di coltivarle e di prendersene cura. Attenzione, stiamo
parlando di una gestione attiva e non passiva degli appezzamenti
agricoli, una gestione che consenta ai cittadini di coltivare quella
terra con tutte le colture tipiche del nostro Salento, con le nostre
verdure, le nostre insalate, i nostri ortaggi. Colture semplici che
valorizzino quei terreni, adesso lasciati all’abbandono e divenuti
soltanto ricettacolo di rifiuti. In questo modo quei cittadini
godrebbero dei frutti della terra, che potrebbero decidere di tenere
per sé, donare in beneficenza o, perché no, se ne
avessero bisogno potrebbero anche vendere, e trascorrerebbero il loro
tempo libero a contatto con la natura. In tutto ciò quale
sarebbe il ruolo del Comune? Il ruolo del Comune sarebbe semplice e a
costi bassissimi, certamente più bassi di quelli che affronta
per bonificare le discariche a cielo aperto sui terreni di suo
proprietà lasciati all’incuria e al degrado. Il Comune,
dicevamo, avrebbe il compito importantissimo di portare l’acqua per
l’irrigazione e di costruire piccoli gazebo per il deposito degli
attrezzi e per il semplice ristoro. In ogni orto botanico potrebbero
esserci dai dieci ai venti appezzamenti. L’utilità di un
progetto simile - conclude Capone - risulta del tutto evidente: gli
orti botanici sono il rimedio naturale alla discarica e i tenutari
degli appezzamenti sarebbero delle sentinelle verdi, attive su tutto
il territorio. I costi per la pubblica amministrazione, a fronte
della ricaduta sociale del progetto, sono risibili. Perché
costruire qualche pozzo, comprare qualche attrezzo agricolo e
delimitare quelle zone con delle reti di recinzione è
sicuramente meno costoso che bonificare tutti quei terreni».</p>
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