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<p style="margin-bottom: 0cm;" align="justify"><strong>LECCE</strong> | «Il
Sappe, sindacato autonomo polizia penitenziaria, aveva scritto alla
fine di luglio al presidente della Regione, Nichi Vendola,
all’assessore alla Sanità, Alberto Tedesco, a tutti i gruppi
consiliari della Regione, a prefetti e magistrati di sorveglianza,
esprimendo la grande preoccupazione per quello che potrebbe accadere
nelle carceri pugliesi, e nazionali, a partire dal primo settembre,
data in cui verrà completato il passaggio della Sanità
penitenziaria a quella Pubblica previsto per il primo aprile 2008».
Lo comunicano in una nota. «Nessuna risposta, eppure i motivi
di preoccupazione sono tanti, a partire da possibili interruzioni
dell’assistenza sanitaria nelle carceri pugliesi, con risvolti che
potrebbero sfociare in manifestazioni di protesta drammatiche.
Infatti, a partire dal primo settembre, tutto il personale
infermieristico che lavora a parcella negli istituti penitenziari, la
maggioranza, già dipendente delle Asl, dovrebbe, così è
stato detto, essere incompatibile con l'attività svolta nei
penitenziari. Se ciò accadrà, come e dove si troverà
in così breve tempo, il personale paramedico necessario per
coprire le esigenze dei penitenziari pugliesi, considerato che
l'assistenza sanitaria nelle carceri deve essere garantita 24 ore al
giorno? Come si potrà rinunciare a conoscenze e
professionalità acquisite in tanti anni considerata la
delicatezza di tale settore, la cui criticità è
confermata dagli innumerevoli atti di autolesionismo, e violenza che
si consumano nei penitenziari? Stesso discorso per il personale
medico. Inoltre, lo stesso verrebbe individuato attraverso turn–over
comunicato dalle Asl competenti ai penitenziari, e non in base a dei
parametri rigorosi, previsti dall'amministrazione penitenziaria,
inerenti non solo la professionalità,ma anche verificando
parentele o frequentazioni con appartenenti alla criminalità
organizzata, poiché bisogna anche garantire la sicurezza delle
carceri; che fine faranno le professionalità e conoscenze
acquisite nel tempo?».</p>
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<p style="margin-bottom: 0cm;" align="justify">E poi continuano: «Altra
seria preoccupazione, che potrebbe creare grande allarme sociale, è
data dal rischio che la nuova gestione soprattutto nella fase di
avvio, per la scarsa conoscenza delle condizioni operative da parte
del personale sanitario incaricato dalle Asl, determini un forte
accentuazione del numero dei detenuti ricoverati oppure tradotti per
visite specialistiche presso nosocomi esterni, a tutto discapito
della sicurezza e del carico di lavoro della polizia penitenziaria,
già in grave crisi di organici. Infine verrà meno la
figura del medico del corpo che non potrà più seguire
l'iter delle varie pratiche di carattere medico-legale presso
l'ospedale militare, collegate alla pericolosa attività
lavorativa svolta dalla polizia penitenziaria,fino all'impossibilità
di rientrare in servizio dopo la malattia. L'attività
sanitaria penitenziaria del medico e dell'infermiere è
specifica e complessa, e non può essere paragonata a quella
offerta nelle strutture sanitarie esterne poiché sono diverse
le condizioni operative e la tipologia dei malati, e l’aver
accomunato tali specificità, riteniamo sia stato
irresponsabile poiché non si è pensato alle conseguenze
che potrebbe provocare sia sul sistema penitenziario, che alla
sicurezza della comunità. Nelle carceri pugliesi quasi la metà
della popolazione detenuta è affetta da varie patologie, dalla
sieropositività, alle malattie infettive, persino alla
tubercolosi, malattie psichiatriche ed altre, come si potranno
soddisfare tali esigenze? Lo sa il presidente Vendola così
attento al problema delle carceri che se a un detenuto viene
ritardata o non viene somministrata la terapia, anche poche gocce di
antidolorifico o ansiolitico sfascia la cella e indirizza la sua
rabbia contro il personale? Lo sa il presidente Vendola che già
adesso al carcere di Lecce con 1200 detenuti lavora con un solo
infermiere, e questa emergenza che si sta estendendo anche agli altri
penitenziari? In questo contesto potranno le Asl con i loro problemi
strutturali, di bilancio, di conoscenze specifiche del sistema
penitenziario, offrire un servizio migliore ai detenuti, tenendo
presente che non stiamo parlando di ospedali ma di strutture
carcerarie molto complesse e delicate. Il Sappe crede proprio di no,
e il disorientamento e la grande preoccupazione che serpeggia presso
le strutture Penitenziarie purtroppo, lo sta a dimostrare. Il Sappe
ritiene che una fase transitoria, riguardo l'incompatibilità
degli operatori sanitari, sia necessaria e indispensabile, al fine
valutare e approfondire, con la massima serenità e serietà
l'impatto che tale passaggio scatenerà nelle carceri pugliesi,
e nazionali. Sarebbe una prima risposta alle preoccupazioni di tutti
gli operatori penitenziari che prevedono il diffondersi di atti
violenza e illegalità con gravi rischi per l'incolumità
sia ai lavoratori penitenziari che ai detenuti, con risvolti
preoccupanti anche per l'ordine e la sicurezza pubblica. Aspettiamo
risposte presidente Vendola, poichè sarebbe difficile trovare,
poi, parole atte a giustificare le responsabilità per una
possibile tragedia annunciata».</p>
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