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<p style="margin-bottom: 0cm;"><strong>CASTIGLIONE D'OTRANTO (ANDRANO)</strong> | Un
film per riflettere sulla questione meridionale. E per ricordare il
periodo in cui gli italiani per trovare lavoro si recavano
all'estero, in particolare in Svizzera. Quando si partiva, spesso lo
si faceva per cercare un po' di fortuna, quella fortuna che a partire
dalla fine degli anni '50 non si riusciva a trovare in Italia. Di
salentini oltre frontiera si parla in un film, in fase di
realizzazione, in cui sono impegnati Donato Nuzzo, nella veste di
regista, e Isidoro Colluto, in qualità di produttore, entrambi
di Castiglione d'Otranto, frazione di Andrano. Il film si è
cominciato a girare nel mese di settembre, in Svizzera, nel cantone
tedesco, vicino Zurigo, e ora, proseguiranno nel Capo di Leuca.</p>
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<p style="margin-bottom: 0cm;">La troupe sarà impegnata a
Spoleto, il 7 giugno, per intervistare Dieter Bachmann, giornalista
freelance ed ex direttore dell'Istituto di cultura Svizzera in
Italia. L'istituto, nel 2003, aveva dedicato agli italiani venuti in
Svizzera a lavorare una mostra fotografica, «Il lungo addio»,
consapevoli che «gli italiani sono quelli che hanno
letteralmente fatto la Svizzera o, almeno, hanno co-prodotto il suo
cosiddetto “miracolo economico”». «La presenza degli
italiani – si legge in una nota – ha favorito la diffusione di
una loro cultura, che ha influenzato il proprio modo di vivere. Oggi
assistiamo alla contaminazione di due saperi che ha creato una nuova
cultura in Svizzera e questa, senza dubbio, è la cosa più
interessante».</p>
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<p style="margin-bottom: 0cm;"><strong>LA RICERCA</strong> | Il lavoro di ricerca parte
dall'esperienza personale di Colluto che emigrò nel '58 con la
sua valigia di cartone e si completa si completa con lo studio dei
rapporti politici tra Italia e Confederazione Elvetica. «Quel
treno – spiega – era carico di speranze e allo stesso tempo di
amarezza». Vicino Zurigo, a Glarus, a ridosso delle montagne si
ritrova a lavorare prima in agricoltura e poi nelle fabbriche, dove
negli anni si è formata una vera e propria «colonia
castiglionese», esportando quella storia salentina, quelle
usanze, quel costume tipico della propria terra.</p>
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<p style="margin-bottom: 0cm;"><strong>IL VIAGGIO</strong> | Il regista ha percorso un
viaggio, e si è fermato alla stazione di Chiasso, «dogana
divenuta luogo simbolo dell'emigrazione italiana in Svizzera».
Ha proseguito nelle baracche che venivano utilizzate come dormitorio,
ha ripercorso passo passo quei luoghi luoghi di lavoro oggi occupati
da altri emigrati. Il viaggio, così, rievoca il ricordo. «Sono
gli anni del paradosso italiano, quelli del miracolo industriale che
tocca marginalmente le regioni del Mezzogiorno. Sono anche gli anni
in cui, nonostante l'assunzione di manodopera nel triangolo
industriale (Torino, Genova, Milano) gli espatri dall'Italia sono in
aumento». Un periodo, questo, in cui l'America veniva meno
considerata, mentre Repubblica Federale Tedesca, Lussemburgo, Olanda,
Francia, e Svizzera erano mete sempre più ambìte.</p>
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<p style="margin-bottom: 0cm;"><strong>L'OPERA</strong> | Il documentario sarà
in distribuzione probabilmente in autunno. Il documentario vuole
anche essere un momento di riflessione «affinché la
comunità salentina – spiegano gli autori – prenda
coscienza dell'alto prezzo che è stato pagato, tenendo
presente che il tessuto sociale di un'intera comunità si è
disgregato.</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;">Bachmann, dal canto suo, sottolinea:
«All’inizio erano gli uomini ad essere chiamati dagli
svizzeri per aiutare a realizzare quella congiuntura economica
positiva che ha riguardato il Paese negli anni '50 e '60. Solo in un
secondo momento, poi, hanno potuto raggiungerli anche le donne,
inizialmente rimaste a casa insieme ai vecchi e ai bambini. Inoltre,
lo “statuto degli stagionali” prevedeva che i lavoratori fossero
ammessi in Svizzera soltanto per un periodo di nove mesi, trascorsi i
quali si era costretti a tornare indietro, rimanendo senza paga per
tre mesi. Una situazione creata ad arte per avere disponibilità
non di uomini ma di semplice manodopera».</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;">Oltre al regista Nuzzo, sul set sono
impegnati Emanuela Solda, in qualità di direttore della
fotografia, Luigi Botrugno, tecnico del suono, Ivan Botrugno,
responsabile dei costumi, Marco Calabrese, acconciatore.</p>