TRICASE | Quando l'Italia è vista come un Paese in cui cercare fortuna. È questo ciò che sta alla base del dramma dei sette clandestini che ieri mattina sono stati individuati dai carabinieri della Compagnia di Tricase, diretti dal capitano Andrea Bettini, e dai militari della Guardia di finanza di Tricase, del tenente Giuseppe Giordano. I loro punti di riferimento, non appena spostati da Tricase, probabilmente erano Corsano e Castro, anche se la loro ricerca si sarebbe potuta spostare altrove.
L'identificazione alla quale hanno ottemperato i militari ha permesso di accertare che i sette clandestini, di cui cinque di nazionalità afghana e due di nazionalità iraniana, fossero quasi tutti minorenni. Fra di loro, infatti, ad aver raggiunto la maggiore età è stato soltanto uno solo, che fra l'altro si è rivolto alle forze di polizia chiedendo l'asilo politico.
È per questo che è stato condotto a Lecce, negli uffici della Questura. Immigrato clandestino in cerca di fortuna anche lui, probabilmente. Tutti gli altri, che hanno dai 15 ai 17 anni, su disposizione della magistratura, sono stati condotti in un centro di prima accoglienza, la casa «Capitan Uncino» di Ugento.
La scoperta i militari l'hanno fatta durante le consuetudinarie operazioni di monitoraggio della costa e delle marine, al fine di contrastare i drammatici episodi di immagrazione clandestina. Complice, probabilmente, le buone giornate di primavera, con le quali i giovanissimi hanno potuto avventurarsi alla volta del sud Italia, un po' come quelli che sbarcano sulle coste di Lampedusa, anche se in minor numero. Un tempo l'abitudine era quella di avere a che fare con gli sbarchi dell'Albania, con navi cariche cariche di clandestini, spesso bloccati già sul confine e rispediti indietro.
Ora, invece, si ha a che fare con afghani e iraniani, proprio quel popolo tormentato dalla guerra avviata dagli Stati Uniti per imporre la democrazia e la civiltà. Uno sbarco che, anzitutto, fa trasparire comunque la voglia di trovare una vita migliore, lontano da un popolo e una terra che non offrono tutte queste possibilità.
Intanto, gli episodi relativi i ritrovamenti riporta al mese di ottobre del 2006, e poi a ieri (http://lecce.reteluna.it/portale/articolo.php?code=3650), quando sulle coste adriatiche del Salento ci sono stati nuovi arrivi. Proprio nel 2006 otto cittadini clandestini sbarcarono sulla costa salentina. Sette di loro erano del Bangladesh, mentre un altro di nazionalità afghana.
Furono condotti in Questura a Lecce, e nei loro confronti si avviarono le pratiche per il rimpatrio. Qualche mese prima, ad agosto, sempre attraverso il Canale d'Otranto, nel Salento sbarcarono circa un centinaio di clandestini. Nello stesso anno, nel mese di dicembre, una cinquantina fra donne, uomini e bambini, raggiunsero il Salento, sbarcando, però, a Porto Cesareo. In quel caso si trattò di cittadini iracheni. Alcuni di loro dovettero fare ricorso alle cure dell'ospedale, fra cui un bambino.
E sono stati fortunati. Perché qualche volta, in queste seppur brevi traversate, qualcuno ci ha rimesso la pelle. Nel giugno del 2002, durante un tentativo di sbarco, quattro persone di 43 morirono in prossimità di Castro Marina. In quel caso, quel tentativo di raggiungere un paese libero e democratico, per loro, fallì.