LECCE | Confermato dalla Cassazione il sequestro dei 500mila euro di Raffaele Fitto, ministro per gli Affari regionali. Il sequestro legittimo risale al 2006, quando la magistratura di Basi, accusò Fitto di corruzione. Secondo l'accusa la soma sarebbe finita arbitrariamente sul conto corrente della formazione politica «La Puglia prima di tutto», intestata a Fitto, all'epoca dei fatti coordinanote della Puglia per Forza Italia.
Nell'ultima udienza che si è svolta lo
scorso 19 marzo, Fitto chiedeva il dissequestro della somma. In
quell'occasione fu respinta la richiesta del pubblico ministero che
voleva sequestrare altri beni. Oggi la cassazione sottolinea le
motivazione della sentenza numero 16725.
Il 19 marzo la Sesta
sezione penale, respinse il ricorso contro l'ordinanza del Tribunale
della libertà di Bari, che invece confermò, lo scorso 7 luglio, il
sequestro dei 500mila. Gianpaolo Angelucci, all'epoca dei fatti, era
coordinatore regionale del partito in Puglia. Lo strano e sostanzioso
provvedimento scaturì durante la fase di indagine, proprio
nell'inchiesta su presunte tangenti che ci sarebbero state negli
appalti della sanità pugliese.
L'avvocato di Raffaele Fitto, Francesco Paolo Sisto (eletto parlamentare con Forza Italia), alla fine dell'udienza, parlò con i giornalisti e spiegò che il bilancio de «La Puglia prima di tutto» fu certificato dalla Corte dei Conti. Pertanto ha chiesto che la somma fosse dissequestrata. Il Procuratore Generale della Repubblica, invece, sottolineò Sisto, «chiese l'inammissibilità del ricorso della difesa». «Una decisione salomonica - disse ancora l'avvocato difensore - quella fatta dalla Sesta sezione penale della Corte di Cassazione». Sisto spiegò che si tratta di denaro, di 500mila euro, «nei confronti de 'La Puglia prima di tutto', e non di Raffaele Fitto. La somma dei 500mila euro va restituita al ministro perché all'imprenditore Angelucci è stato sequestrato tutto l'importo fonte di illecito». E poi conclude: «Ribadisco la mia assoluta ininfluenza di tale decisione sul merito del processo, trattandosi di questione del tutto indipendente dall'accertamento delle responsabilità. Stupisce - afferma tuttavia - che per una questione squisitamente tecnica, il Pg di udienza abbia addirittura reso personali dichiarazioni agli organi di stampa. Una cosa inusuale per le udienze di Cassazione e comunque, quanto meno, inopportuna».
La Sesta sezione penale della Cassazione, che si espresse in merito sulla complessa vicenda giudiziaria cominciata nel giugno di due anni fa, ritenne legittimo il provvedimento di sequestro disposto dal Tribunale del riesame. Il ministro Fitto fu poi condannato al pagamento anche delle spese processuali.
Il sostituto procuratore generale, Oscar Cedrangolo, chiese addirittura «l'ampliamento del titolo di sequestro», e ci fu un parziale accoglimento.
Il legale di Raffaele Fitto, Francesco Paolo Sisto, si esprime sulla notizia diffusa. «Essendo in campagna pre-elettorale, è davvero ammirevole e singolare la solerzia con cui viene data una notizia del genere, anche se di notizia non si tratta, in quanto si tratta di una situazione di carattere tecnico, ai fini della prassi. Il fatto che la Cassazione non accoglie né il ricordo dell'accusa e né quello della difesa, risalgono al 19 marzo scorso, e non riguarda il sequestro di beni personali».