ANDRANO | Un imprenditore è finito nei guai principalmente per truffa allo Stato. Ma anche per aver emesso false fatture, e per aver addirittura chiesto, sempre allo Stato, il rimborso dell'Iva che sarebbe dovuta scalare. È questo in sintesi quello che avrebbe commesso un imprenditore di Andrano, che ha fatto ricorso alla legge 488 per avere un introito di denaro, ma soprattutto per far sì che gli venisse finanziato un progetto di ampliamento di una sede di lavoro, affinché si potesse trasferire. Aveva presentato un progetto al ministero per lo Sviluppo economico pari a un milione 300mila euro, dei quali aveva ottenuto poco più di un terzo del denaro, cioè 500mila euro.
Denaro, che gli sarebbe servito anche per creare posti di lavoro, e assumere fra l'altro dieci lavoratori. Dipendenti che, però, non sono mai stati assunti. E visto che il denaro tardava ad arrivare, l'imprenditore, con l'ausilio di altri imprenditori compiacenti, si sarebbe messo d'accordo per mettere su un giro di fatture false e ottenere benefici.
Ora è indagato a piede libero per una serie di reati: truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche, truffa aggravata ai danni dello Stato, falsità materiale, falsità ideologica, utilizzo di fatture per operazioni inesistenti. Assieme a lui, sono stati denunciati, tuttavia, anche altri cinque imprenditori, tutti sparsi nel territorio della provincia di Lecce. Questi altri non erano che fornitori compiacenti, che nel tempo gli hanno fornito le false fatture per un giro d'affari pari a 700mila euro circa.
La scoperta l'hanno fatta i militari della Guardia di finanza della tenenza di Tricase, guidati dal tenente Giuseppe Giordano, che ha coordinato un'indagine di polizia tributaria piuttosto complessa e meticolosa, andando a guardare nel giro delle fatture, e del materiale acquistato.
Perché l'imprenditore di Andrano avrebbe acquistato materiale edile che però non veniva trattenuto, ma rivenduto in nero. Dunque, alla base delle accuse, di cui l'uomo dovrà rispondere dinanzi all'autorità giudiziaria, non c'è solo il progetto, mai realizzato, di un ampliamento della nuova sede di lavoro, ma anche la fatturazione per cessione di beni mai avvenuta, e soprattutto per prestazioni di servizio mai realizzate. Per fare un esempio, l'imprenditore si rivolgeva a un altro suo compiacente che gli forniva la documentazione fiscale per la realizzazione di un impianto elettrico.
In un caso, addirittura, aveva acquistato 196 metri di canna fumaria, che neppure nelle più grandi metropoli sarebbe stata tutta utilizzata. Figuriamoci ad Andrano. Allo stesso modo il materiale edile acquistato. È stato accertato essere talmente cospicuo che l'imprenditore, se lo avesse davvero utilizzato, avrebbe potuto costruire un grattacielo.
L'indagine di polizia giudiziaria, come detto, aveva appurato anche la richiesta di 200mila euro di rimborso dell'Imposta sul valore aggiunto. Raccolto tutti i dati, e la documentazione fiscale, i finanzieri hanno quantificato i danni all'erario, per un importo pari a 450mila euro, che sono stati segnalati alla Corte dei Conti. Per quanto riguarda i 200mila euro di richiesta di rimborso dell'Iva, di questi, 120mila euro erano stati certificati con l'emissione di fatture false. Insomma, in totale la truffa aggravata con la legge 488 ammonta a 498mila euro, mentre l'emissione delle fatture si attesta attorno alle 700mila euro.
C'è da dire, poi, che nel mese di ottobre, uno stabile di proprietà dell'imprenditore di Andrano subì un sequestro amministrativo, in quanto sarebbe stato accertato che non disponesse di alcuna autorizzazione per esercitare l'attività, sulla base della legge sul commercio in vigore.
Tuttavia, resta l'ennesimo raggiro verso una legge, quella appunto della 488 del '92, con la quale gli imprenditori potenzialmente possono mobilitare denaro per centinaia di migliaia di euro. Le frodi accertate in questi anni hanno toccato cifre davvero alte, e coinvolto in procedimenti di giustizia (spesso risolti con la restituzione del denaro) anche tanti illustri professionisti.