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UFFICIO RECLAMI
Data pubblicazione: 10/04/2009 | CRONACA
SAN CESARIO DI LECCE | Inchiesta sulla morte di un pensionato
Morì dopo il suo trasferimento.
Si indaga su 37 camici bianchi
Due interi reparti di due differenti ospedali sono finiti nel registro degli indagati. Nella lente d'ingrandimento della Procura ci sono 37 medici (fra cui due primari) dei reparti di Cardiochirurgia del «Fazzi» di Lecce, e Pneumologia del «Galateo» di San Cesario.

LECCE | Forse non tutte le informazioni di garanzia sono state ancora notificate dagli agenti della Squadra mobile, al quale è stato affidato l'incarico. E quindi si presuppone che non tutti i medici siano ancora a conoscenza di essere stati iscritti nel registro degli indagati in merito alla morte di un uomo che, forse, non ricevette tutte le dovute «attenzioni» dal personale di due ospedali, il «Vito Fazzi» di Lecce, e l'ospedale «Galateo» di San Cesario.

E così, trentasette medici fra personale medico e paramedico sono ora indagati con l'accusa di omicidio colposo. Il pubblico ministero titolare dell'indagine, il sostituto procuratore Antonio De Donno, ha iscritto nel registro degli indagati pure i primari dei due reparti. Per accertare eventuali responsabilità su quella strana morte di Elio Simone, pensionato 67enne di San Cesario di Lecce.

Sul registro degli indagati sono finiti tutti i medici del reparto di Cardiochirurgia dell'ospedale «Vito Fazzi» di Lecce, e quelli del reparto di Pneumologia dell'ospedale «Galateo» di San Cesario. Trentasette nomi al vaglio della Procura, che già nelle prossime ore, c'è però da dire, potrebbero diminuire, quando il medico legale Roberto Vaglio avrà eseguito l'autopsia sul corpo del pensionato, che dovrebbe tenersi nella mattinata di domani.

La macchina della giustizia è stata avviata dai familiari di Simone che, assistiti dall'avvocato Roberto De Matteis, hanno ritenuto di dover sporgere denuncia. I dubbi sulla morte dell'uomo furono avanzati dalla famiglia, già durante il suo trasferimento in un ospedale «più piccolo», quello appunto di San Cesario, dove i medici lo accolsero per mandare avanti la sua degenza post operatoria. Perché il pensionato, nel nosocomio leccese, era ricoverato in terapia intensiva, dove respirava con l'ausilio di un ventilatore artificiale.

Quando si decise di portarlo a San Cesario, i familiari storsero il naso, pensando che la scelta di un trasferimento non fosse corretta per le condizioni in cui versava il povero padre. E infatti, Simone a San Cesario morì il 6 aprile scorso, nel nuovo reparto che lo ospitava.

La sua particolare storia comincia nel mese di febbraio, quando i medici del reparto di Cardiochirurgia optarono per un intervento chirurgico, al quale l'uomo fu sottoposto il 6 febbraio. Lì ci è rimasto poco più di un mese, fino al 19 marzo, in terapia intensiva, fino a quando fu trasferito all'interno dell'ospedale di provincia, presumibilmente, si dice, «per lasciare il posto ad un altro paziente, forse più grave».

E allora la famiglia, chiese che lo si spostasse in un altro reparto, come Cardiologia, per esempio, ma non ci fu un trasferimento di reparto, bensì d'ospedale. Ora, la Procura ha ritenuto puntare su tutti e 37 i medici per inquadrare meglio la situazione. Ma certamente, dopo l'esame autoptico, ci sarà una notevole scrematura. Il pensionato morì il 6 aprile, e quella notte della sua morte si accorse la moglie. Le attenzioni della magistratura potrebbero concentrarsi forse sui medici di guardia, o comunque su chi si trovasse di turno il 19 marzo al Fazzi. Ma la responsabilità, secondo l'avvocato De Matteis, potrebbe stare a cavallo dei giorni del passaggio.

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