OTRANTO | L’intervento di recupero, conservazione e valorizzazione del faro di Punta Palascia ad Otranto, riveste un significato non solo tecnico e architettonico, ma anche fortemente simbolico. Punta Palascia, infatti, è l’estremo lembo orientale d’Italia ed il faro, che dall’alto della scogliera si staglia sul mare aperto, è diventato negli anni la sentinella verso Est, vero sguardo aperto sull’universo transfrontaliero, per molti versi ancora poco conosciuto. La valorizzazione ed il recupero del faro di Punta Palascia si inseriscono nel contesto del programma di riqualificazione e valorizzazione delle aree protette contemplato nel Por 2000/2006 – Misura 1.6 «Salvaguardia e valorizzazione dei beni naturali e ambientali» – Linea di intervento 3 «Strutture e infrastrutture finalizzate alla fruizione compatibile e alla conservazione delle aree naturali protette»; l’intervento ha visto come enti finanziatori l’Unione Europea, la Regione Puglia, il Comune di Otranto; quest’ultimo, insieme all’Agenzia del Demanio, risulta anche tra gli enti promotori dell’iniziativa. Nutrito e variegato risulta il gruppo di lavoro, che ha restituito il faro alla sua originaria bellezza e fruibilità grazie all’azione combinata tra gli interventi di recupero del corpo di fabbrica iniziale e l’accurato lavoro di ricerca storica sulla scorta di documenti originali risalenti alla seconda metà dell’Ottocento e redatti dall’allora Corpo Reale del Genio Civile. I fari dall’antichità erano anche torri di avvistamento nel Novecento, il secolo che vede il perfezionamento delle tecnologie e delle tecniche costruttive ed inaugura la collaborazione tra ingegneri e architetti , si passa ad un excursus sulle molteplici tipologie di fari pugliesi (in Puglia c’è la più alta concentrazione di fari del Sud), passati in rassegna dal Gargano a Santa Maria di Leuca. Un ampio corredo fotografico ne illustra le peculiarità architettoniche e documenta il loro inserimento nell’habitat, a testimonianza di un fecondo connubio tra le opere dell’uomo e la natura circostante. L’attenzione si concentra quindisul faro di Punta Palascia, la cui costruzione prende avvio dal 1863, in seguito alla demolizione di un casotto sorto nel XIX secolo sulle rovine della vecchia Torre di Palascia, già riportata da antiche carte geografiche. Le vicende relative alla sua costruzione sono sintetizzate da stralci del carteggio intercorso tra il Ministero dei Lavori pubblici dell’epoca (committente dell’opera), istituzioni e imprese coinvolte nella realizzazione della struttura. Il complesso è stato vittima di alterazione dovute ad agenti atmosferici combinati all’incuria del tempo dato che, dopo la sua chiusura nel 1979, il faro è stato completamente abbandonato. L’ampio corredo fotografico evidenzia il pessimo stato di conservazione del complesso, nonché l’urgenza e la complessità degli interventi di recupero da attuare: questo è il risultato dei numerosi sopralluoghi effettuati inizialmente ed approfonditi in fase di progettazione esecutiva, uniti ai rilievi metrici e fotografici.
La prima fase del progetto prevedeva il recupero delle opere preventive di risanamento conservativo, di restauro, di adeguamento funzionale, di finitura e completamento funzionale, di impiantistica. Contestualmente alla ristrutturazione e riqualificazione della struttura del faro (avviata nel 2003 e conclusa nell’estate del 2005), si è proceduto a «ripensare» la fruibilità dello stesso, in pratica la sua nuova destinazione. Sono stati così studiati due diversi tipi di percorsi lungo le sale che costituiscono i due piani dell’edificio, percorsi organizzati a seconda degli interessi dei visitatori di cui sono state previste le tipologie, a seconda che si tratti di scolaresche, gruppi organizzati, turisti, naturalisti ed altro. La visita al faro sarà supportata da un adeguato sistema di informazione ed illuminazione e si gioverà di avanzate tecnologie video digitali. Punto di forza di queste visite guidate (per le quali si prevede anche la realizzazione di uno spazio apposito riservato alla cabina di regia) sarà l’interscambio tra spazi interni ed esterni, passando attraverso la terrazza che domina la scogliera e culminando nella salita che lungo 84 scalini porta alla lanterna, che dai suoi 40 metri di altezza domina incontrastata il mare aperto e la natura circostante, in più punti incontaminata e centro del parco naturale regionale «Otranto–Leuca» di recente istituzione. Non viene, infine, tralasciato l’aspetto «affettivo»: il faro di Punta Palascia è la memoria storica di un modo di vivere, di un sistema di valori. La vita nel faro spesso si ripete con i suoi ritmi fuori dal tempo ed è uguale ad ogni latitudine: interessante a riguardo è la commossa testimonianza di chi vi ha abitato, dividendo lunghe giornate con chi vi lavorò. I lavori edili sono stati eseguiti dalla ditta Petrulli, di Andrea Perulli, di Lecce. I lavori di musealizzazione sono stati invece eseguiti dalla ditta FG Impianti di Foggia.
Il sindaco di Otranto, Luciano Cariddi, sottolinea che: «Il Faro di Palascia, costruito sulle rocce di Capo di Palascia (punto più ad est d’Italia), è per gli Otrantini, ma non solo, un luogo particolare, in quanto presenta contemporaneamente diverse valenze. Quella naturalistico-paesaggistica, visto che è situato nella fascia costiera del territorio cittadino che fa parte del Parco naturale regionale Otrant –Santa Maria di Leuca e Bosco di Tricase, e che è prospiciente lo specchio di mare in cui l’Amministrazione sta portando avanti il progetto per costituire un’area marina protetta. Da qui si ha la possibilità di godere di un paesaggio suggestivo come pochi, il privilegio di un luogo dove poter osservare l’alba davanti alla grandezza del Mediterraneo. Anche la storia e la posizione geografica di questo Faro lo rendono unico. Oggi è un importante esempio di archeologia industriale: realizzato nella seconda metà dell’800, ha rappresentato, per oltre un secolo, uno dei fari di riferimento della costa adriatica per tutti i navigli in transito che lasciavano alle loro spalle l’ultimo seno dell’Adriatico diretti verso lo Ionio. Per questo motivo si è scelto, insieme alla Marina, di ripristinare una vecchia lanterna recuperata che verrà attivata proprio il giorno dell’inaugurazione del Faro. La posizione geografica di Otranto e del suo Faro rimanda, poi, necessariamente all’Oriente, rappresentando il punto più vicino all’altra sponda dell’Adriatico. Su questo tratto di canale, che dista poche migliaia di chilometri dalla costa albanese, si è scritta molta della storia antica ed anche recente. Ecco perché il Faro rappresenta anche un luogo simbolo del dialogo tra civiltà e religioni diverse, un luogo di conoscenza e di accoglienza dell’altro, di solidarietà e di amicizia tra i popoli dell’area mediterranea. La ristrutturazione che abbiamo concluso restituirà il Faro a nuova vita. Oltre ad ospitare nuovamente la lanterna (dismettendo la struttura faro sovrastante che è stata in funzione negli ultimi decenni), grazie ad un protocollo d’intesa con l’Università del Salento e la Facoltà di Biologia, si è localizzato qui l’Osservatorio sugli Ecosistemi del Mediterraneo, e si creerà un museo permanente in cui potranno organizzarsi mostre a tema, come questa che inauguriamo, intitolata Lagune del Mediterraneo»
L’assessore alle Politiche ambientali, Salvatore Miggiano, inizia dicendo: «Molti ci hanno creduto. Oggi il vecchio Faro, spento e abbandonato per vetustà alla fine degli anni ’70, brilla di nuova luce. La lanterna è stata ripristinata, i locali restaurati. Alla vecchia fruizione di guida e riferimento per i naviganti, oggi si aggiunge quella di Osservatorio sugli Ecosistemi Mediterranei e di Ecomuseo. Il tempo non è trascorso invano: la bella struttura è inserita nel Parco Otranto – Santa Maria di Leuca di recente istituzione, in uno scenario mozzafiato, tra essenze botaniche uniche, attrezzata per essere meta culturale di eccellenza per gli amanti della natura. Il Comune ha voluto al suo fianco l’Università del Salento, Dipartimento di Ecologia, che svolgerà attività di ricerca e di organizzazione didattica aperta a tutti: visite guidate, approfondimenti tematici, workshop. È una scommessa ancora tutta aperta: la prima fase è vinta, la struttura c’è, costruiamo insieme il tanto che resta da fare».
L’ingegnere Tommaso Farenga è soddisfatto del progetto: «Dopo quasi trenta anni di inattività, il Faro ritorna a vivere come un’antenna proiettata nel mare, pronta a ricevere ogni minimo segnale di cambiamento nella struttura e nel funzionamento del territorio del Parco ed a trasmettere il segnale elaborato ad opinione pubblica, amministratori e decisori, come primo strumento indispensabile di tutela. Il faro è stato rivendicato come bene comune, ed è un simbolo perché è al centro nel territorio di Otranto, del Parco terrestre e marino, ma soprattutto è al centro del desiderio e della speranza di cambiamenti. Vogliamo che il Faro diventi un insieme di finestre sul territorio, verso terra e verso mare, che possa essere il veicolo attraverso cui anche chi non può possa godere delle bellezze del territorio. Ma soprattutto speriamo che diventi un nuovo modo di operare. Spero che i tempi e le difficoltà che si sono incontrate lungo il cammino, tante, superate grazie alla volontà di guardare lontano, diventino stimolo per chi decide, affinché si facciano scelte importanti verso lo sviluppo sostenibile. Il Faro deve diventare non la punta di diamante di un territorio che si disgrega, ma il simbolo di un territorio che si riscatta e che si propone come modello di sviluppo sostenibile».
Architetto Marilena Di Giorgio è pienamente convita che: «la rinascita di un simbolo, dopo anni di abbandono, rappresenta per la Città di Otranto e per noi tutti il concretizzarsi di quello che è stato un progetto e che ora, finalmente, si è trasformato in realtà. La speranza è quella che il recupero del faro possa rappresentare un momento positivo nel più generale panorama di recupero e riqualificazione dei tanti beni presenti nel nostro territorio».