di Valentina Maniglia
<p style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><strong>GAGLIANO DEL CAPO</strong> | Dovranno rispondere
di violenza e minaccia aggravata a pubblico ufficiale, danneggiamento
e vilipendio di tombe, tentata estorsione e detenzione illegale di
polvere da sparo. Antonio Pizzolante, 43 anni, Donatello Raona, 22
anni e Angelo Greco, 56 anni sono stati arrestati questa mattina dai
carabinieri della compagnia di Tricase in collaborazione con quelli
della stazione di Gagliano del Capo.</p>
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<p style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">I tre, tutti di Gagliano del Capo,
avrebbero infatti minacciato ripetutamente e in vari modi il sindaco
del loro paese Antonio Buccarello, il vice sindaco Antonio Ercolani e
l’assessore comunale Achille Romano, arrivando anche a compiere
gravi atti intimidatori e prospettando le minacce come provenienti
dalla Sacra Corona Unita, per incutere maggior timore. L’astio dei
tre arrestati, soprattutto di Pizzolante, sarebbe da attribuirsi alle
autorizzazioni e sanatorie per esercizi commerciali che l’uomo
avrebbe richiesto, ma che l’amministrazione comunale non gli
avrebbe concesso. In particolare, le minacce sarebbero iniziate
quando i Nas, a seguito di controlli, decisero di chiudere un
ristorante in località «Il Ciolo» della sorella di
Pizzolante, ma gestito da lui stesso e poi un chiosco in legno, in
località «Foresta Conte», vicino Santa Maria di
Leuca, sempre di sua proprietà. Convinto così che
l’amministrazione comunale avesse «rovinato» la sua
famiglia, il 43enne avrebbe convinto gli altri due, dietro promessa
di compenso, ad aiutarlo a costringere le autorità utilizzando
mezzi molto poco legittimi.</p>
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<p style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><strong>LE INDAGINI</strong> | Le indagini hanno inizio
nel febbraio di quest’anno in seguito alla denuncia dell’assessore
comunale Achille Romano che vede comparire sui muri della sua casa in
costruzione minacciose scritte di morte, seguite dalla sigla «C21»,
il cui significato si spiegherà solo più avanti. Due
giorni più tardi, il 14 febbraio, sindaco e vicesindaco di
Gagliano del Capo ricevono due lettere inquietanti: al loro interno
minacce e pallini di piombo. Il 18 è la volta degli sms: da
una cabina telefonica vengono inviati due sms intimidatori
all’indirizzo del vicesindaco Ercolani, che preannunciano anche una
«sorpresa» al suo ritorno a casa. Si arriva al primo
marzo e, nell’arco di due giorni i segni di «avvertimento»
si fanno sempre più inquietanti: una lettera contenente
polvere da sparo e un disegno è recapitata all’assessore
Romano. Sul foglio sono raffigurate quattro persone, stilizzate, e
una di loro è cerchiata in rosso. Stessa lettera per il
vicesindaco e il sindaco, che si vedono raffigurati rispettivamente a
piedi e in scooter. Conoscendo le abitudini delle loro vittime,
infatti, i malfattori avrebbero cerchiato il passeggero dello
scooter, presumibilmente la figlia del vicesindaco e, sull’altro
foglio, l’uomo che cammina a piedi, abitudine questa che
contraddistinguerebbe il sindaco Buccarello.</p>
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<p style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">Gli inquirenti iniziano a muoversi e
partono dalla grafia che appare nelle lettere: secondo loro si
tratterebbe di una vecchia conoscenza. Riescono così ad
ottenere un mandato di perquisizione per la casa di Pizzolante, che
si rivelerà fondamentale per il prosieguo delle indagini.
Vengono trovate 24 buste da lettera dello stesso tipo di quelle
utilizzate per le minacce, 6 francobolli per posta prioritaria sempre
dello stesso tipo, un quaderno dal quale erano stati strappati dei
fogli, che corrispondono a quelli su cui erano stati fatti i disegni,
un articolo de La Gazzetta del Mezzogiorno che riferiva delle minacce
al sindaco e 64 copie di esposti anonimi risalenti agli anni 2006 e
2007, inviati alle autorità per diverse ragioni. Ma, invece di
sentirsi con l’acqua alla gola, Pizzolante avrebbe compiuto un
ennesimo atto intimidatorio e «ordinato» ad uno dei suoi
soci di andare ad imbrattare le lapidi dei familiari del sindaco
Buccarello con frasi ingiuriose. Il fautore lascia due firme: «C21»
e SCU, assieme al disegno dei cinque punti, marchio della famosa
organizzazione criminale. Il sopralluogo al cimitero permette agli
inquirenti di rilevare delle impronte di scarpe da ginnastica,
indispensabili per rintracciare Donatello Raona, già noto alle
forze dell’ordine per reati di vario tipo. A seguito di
perquisizione nella sua casa, vengono infatti sequestrate un paio di
scarpe compatibili con le impronte lasciate di notte al cimitero, ma
viene anche trovato un diario, cioè l’«agenda degli
appunti di Raona Donatello C21» e 39 lettere indirizzate ad una
ragazza nelle quali l’uomo si firma sempre «C21»;
spiegherà poi il significato della sigla: corona 21, una
corona con tutti i suoi (21) reati. Il cerchio degli inquirenti si
stringe ancora di più sui due sospetti finchè non
arrivano le prime ammissioni.</p>
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<p style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">Raona si sarebbe presentato la sera
stessa del 19 marzo presso la stazione dei carabinieri e, la mattina
dopo, sentito dal pubblico ministero. Avrebbe qui confessato di aver
inviato le lettere intimidatorie, di aver imbrattato i muri
dell’assessore Romano e le tombe al cimitero, insieme ad Angelo
Greco, il tutto per conto di Pizzolante e in cambio di compensi in
denaro, per altro spesso irrisori, elargiti solo in seguito alla
comparsa della notizia dell’avvenuto reato sul giornale. Spunta
dunque il terzo nome della «banda». Anche Greco,
probabilmente in seguito ad un incontro con Raona, che gli avrebbe
raccontato il punto delle indagini, avrebbe a breve deciso di
presentarsi dai carabinieri e di collaborare. Avrebbe così
aggiunto particolari che aggraverebbero la situazione di Pizzolante,
riferendo della volontà di quest’ultimo di incendiare la
residenza estiva del sindaco, atto che comunque non sarebbe avvenuto
perché considerato troppo pericoloso. Greco avrebbe raccontato
anche di un altro incendio, questa volta portato a termine, della
casa di Luigi Pizzolante, un parente di Antonio al quale questo
voleva «dare una lezione». Nell’occasione Raona e Greco
si sarebbero anche macchiati dei reati di incendio doloso, violazione
di domicilio e furto aggravato, in concorso fra di loro.</p>
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<p style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">Nei giorni successivi, invece, Raona
sarebbe tornato al commissariato e avrebbe ritrattato le sue
ammissioni. Contro di lui e i suoi soci, però, ci sarebbero le
dichiarazioni di alcuni testimoni sentiti dai carabinieri, ai quali
proprio loro avrebbero raccontato le proprie malefatte.</p>
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<p style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">Fondamentale per giungere agli arresti
di questa mattina è stata anche la perizia sulla grafia, che
confermerebbe la compatibilità della scrittura, presa da
alcune lettere, di Pizzolante con quella delle missive intimidatorie.
Lo stesso Pizzolante si sarebbe rifiutato di sottoporsi ad un saggio
grafico per il confronto, facendo così aumentare i sospetti su
di lui.</p>
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<p style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">Presenti questa mattina, in conferenza
stampa, il capitano <strong>Nicola Candido</strong> che ha spiegato i dettagli di
questa lunga operazione, assicurando anche che la Scu è
estranea ai fatti, e il procuratore Ennio Cillo che ha espresso
soddisfazione per le indagini condotte tramite il riscontro dei
numerosi indizi. Ha infine concluso evidenziando quanto questo
intervento doni serenità ad una comunità, quella di
Gagliano del Capo che, negli ultimi mesi si era, comprensibilmente,
molto allarmata.</p>