ARNESANO | Tentano la truffa al prete della parrocchia di Arnesano. Finti orafi, che avrebbero voluto in cambio di danaro effettuare la doratura e la lucidatura di croci e candelieri. Il tutto a titolo gratuito (in un primo momento), senza presentare al parroco malcapitato alcun tipo di preventivo, o proposta di commissione. Ed ecco che, prima uno, poi l'altro, poi l'altro ancora, in due T.I., di 58 anni, originario di Latina, e P.R., 31 anni, entrambi residenti in provincia di Roma, hanno portato via prima una croce, poi un candelabro e poi una cornice. Insomma, tutto a titolo gratuito sarebbero andati dicendo, al fine di pubblicizzare il proprio lavoro, per poi eventualmente mettersi d'accordo per qualche lavoro a pagamento. Sta di fatto, che i due, «l'esempio» lo hanno portato avanti per un po' di tempo. Infatti, dopo aver riportato indietro la croce, si sono preoccupati di prendere un altro oggetto da dorare, e ogni volta così fino a chiedere il conto. 24mila euro, che il parroco ovviamente non aveva, e che qualora avesse dovuto sborsarli, avrebbe dovuto chiedere l'autorizzazione a due figure importanti per la parrocchia, e cioè al «segretario del consiglio degli affati economici», e al «presidente del consiglio pastorale». Ma andiamo con ordine. Don A.S., la vittima della truffa, l'11 dicembre scorso si è recato in Questura, a Lecce, per denunciare quanto da lui subìto, nei giorni precedenti, da parte di due individui, che avanzavano nei suoi confronti richiesta di denaro.
Agli agenti della Squadra mobile, il sacerdote ha riferito che P.R., si presentò presso la sua parrocchia proponendo al sacerdote di effettuare lavori di restauro di alcuni arredi sacri. Il lavoro sarebbe consistito nella doratura o argentatura di croci e candelieri usurati dal tempo. E proprio nel primo episodio, l'uomo consegnò al parroco un biglietto in qualità di certificato di garanzia. A quel punto afferrata la prima croce gli ha detto che l'avrebbe dorata senza alcuna spesa al solo fine di pubblicizzare il suo lavoro di orafo. Il 31enne, dopo aver ripulito la croce dall'incuria del tempo, e dopo averla «dorata», l'ha riportata indietro spiegando la pregevolezza del lavoro appena svolto, e portando via un'altra croce, per continuare ad illustrare gli effetti positivi del lavoro svolto da lui e dal suo collaboratore. E proprio in quella circostanza, ha fatto un primo accenno al prezzo. «La spesa - avrebbe detto - comporterà un costo estremamente basso». Da quel giorno, R.P. è tornato più volte all'interno della parrocchia, restituendo di volta in volta quanto prelevato in precedenza, ritirando altri arredi sacri da dorare e plastificare. Il secondo episodio, c'è stato il 4 dicembre scorso. R.P., questa volta insieme al compare T.I., raggiunta la parrocchia di Arnesano, hanno chiesto il pagamento delle dorature e delle argentature realizzate fino a quel momento, presentando al povero parroco, il conto: 24mila euro.
Il sacerdote sorpreso dall'ingente richiesta, spiegò loro di non poter dare quella somma di danaro. I due, ma questo lo accerterà soltando la magistratura, a quel punto avrebbero avanzato nuovamente la propria richiesta di danaro, con la forza e sotto minacce dicendo che, qualora non avesse dato loro il danaro, si sarebbero fatti portavoce di uno «scandalo». Il prete, sopreso, e questa volta anche spaventato, ha detto loro che poter consegnare loro il denaro doveva consultarsi con due altre figure per ottenere l'assenso del «Consiglio parrocchiale». I due, convinti di quanto riferito dal parroco, hanno atteso che si consultasse, concordando una data successiva per il pagamento. Intanto il prete, senza pensarci due volte, ha denunciato il fatto alla polizia, recandosi a Lecce, negli uffici della Questura. Poi, consultatosi con gli agenti di polizia ha deciso di sporgere la querela. Nel frattempo, i due si sono fatti risentire. O meglio, R.P. ha richiamato il parroco, spiegando che qualora avesse deciso di non fatturare il lavoro la somma sarebbe scesa a 17mila euro. Ma anche in questo caso, la cifra per quanto restaurato è apparsa troppo esosa. Il capitolo finale l'11 dicembre. In chiesa due agenti della mobile camuffati da «segretario del consiglio degli affari economici», e da «presidente del consiglio pastorale», hanno incontrato unitamente al parroco T.I., che ha ribadito quanto era stato spiegato dal collega per telefono.
E cioè 24mila euro col rilascio della fattura, e 17mila euro senza, paventando così l'applicazione di uno sconto del 30 per cento, cioè l'Iva che è del 20, più un ulteriore 10 per cento. E ancora una volta, il parroco, questa volta dinanzi ai due agenti, ha spiegato di essere impossibilitato a consegnare quella cifra. È bastato poco. E la sceneggiata è finita lì. Gli agenti si sono qualificati, hanno effettuato una perquisizione trovando appunti e documentazione varia, tutta sottoposta a sequestro. T.I, poi, è stato condotto all'interno degli uffici della Questura, dove gli agenti hanno condotto altri accertamenti a suo carico. A quanto è dato di sapere, l'uomo sarebbe già noto alle forze dell'ordine per precedenti per associazione per delinquere, furto, estorsione, minacce, truffa, una denuncia a carico risalente al 7 marzo 2006, per truffa ai danni di parroci attraverso la finta pulitura e doratura di arredi sacri, con la richiesta esosa di denaro, che si sarebbe compiuto in diverse realtà territoriali fra cui Firenze. Accertata anche la posizione dell'altro. R.P., è risultato noto alle forze dell'ordine per associazione per delinquere, estorsione, truffa, falsità in scrittura privata. I poliziotti, all'esito di questa storia, accerteranno che vittima dei due non siano stati anche altri parroci della provincia. I due, intanto, risultano indagati in stato di libertà in concorso tra loro per il reato di tentata truffa.