Data pubblicazione: 06/11/2008 | AMBIENTE
«Si salvi la Palude Cassano» è l'appello dell'associazione Melendugno Nostra
Parte la raccolta firme «per salvare il turismo di Melendugno e Vernole». È questo quanto indetto, circa una settimana fa, poichè, tra qualche settimana la palude potrebbe diventare bacino artificiale per lo sversamento dei reflui urbani.
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<p style="margin-bottom: 0cm;" align="justify"><strong>VERNOLE</strong> | Una
raccolta firme per salvare il turismo melendugnese e vernolese. È
questo quanto indetto, circa una settimana fa, poichè, tra qualche
settimana la palude diventerà bacino artificiale per lo sversamento
dei reflui urbani e industriali trattati dal Depuratore consortile
«Puglia 2» di San Foca di Melendugno. Il famoso microsistema
ambientale melendugnese, che Dario Ferreri, Marco Bodon e Giuseppe
Manganelli nel loro studio «Molluschi terrestri della provincia di
Lecce», hanno fatto conoscere a livello internazionale come sito
senza eguali di molluschi terrestri rarissimi, quali il Carychium
hellenicum (unico esemplare in Italia), i Vertigo antivertigo,Vertigo
pygmaea, Vertigo angustior, Vallonia enniensis, Paraloma
caputspinulae (unici per la Puglia) e i Daudebardia brevipes,
Daudebardia rufa, Euconulus fulvus (unici per la Provincia di Lecce)
rischia di scomparire per sempre. Il sito che l’Università di
Lecce aveva acquistato il 28 dicembre 1427 dal barone Fino De
Montifuscolo con «i canneti e tutti gli altri alberi, gli acquari ed
i corsi d’acqua o paludi che fluiscono fino al mare, i benefici
delle peschiere, beviere e tutti i rivoli di sua proprietà, col
diritto di cacciare gli uccelli e pescare», era fin dall’antichità
noto per essere zona di pesca di pregevole valore e una delle poche
zone in cui sopravvivono esemplari molto rari di Emys orbicularis
(Tartaruga lacustre europea) che uno studio di Tiziano Fattizzo ha
dimostrato essere uno dei pochissimi siti salentini in cui sono stati
riscontrati nuclei vitali, ma numericamente esigui di tartarughe,
tanto da ritenerli, nel breve periodo, a rischio sopravvivenza.</p>
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<p style="margin-bottom: 0cm;" align="justify">«Siamo in presenza di un
atto di prepotenza perpetrato ai danni di ignari cittadini -
sottolinea Franco Candido, presidente dell'Associazione Melendugno
Nostra - che sostengono di non aver mai ricevuto alcuna comunicazione
in merito ai lavori di scavo eseguiti sui loro terreni, e di un
progetto di incosciente e arrogante devastazione sfrontatamente
elaborata ai danni di uno degli ultimi e incontaminati microsistemi
naturalistici rimasti nell'agro melendugnese, secondo per importanza
soltanto alle «Cesine» (sito protetto dal Wwf). Sapere che
qualcuno, senza neanche avvertire i proprietari dei terreni
interessati, si è arrogato il diritto di scavare un canalone largo
dodici metri e lungo alcune centinaia con l'intenzione di portare
l'acqua «fitodepurata» fino al mare, ci ha lasciato sbigottiti. In
realtà, lo scempio ambientale è di enormi proporzioni, da una parte
perché il canale così come è stato scavato difficilmente potrà
permettere l'affinamento adeguato dell'attività di fitodepurazione
(visto che collegandosi direttamente con il canale di bonifica già
esistente, porterebbe troppo velocemente l'acqua prodotta dal
depuratore fino al mare), dall'altra perché se si verificassero
ancora le situazioni problematiche che hanno portato ai comunicati
stampa e agli articoli di giornale dei mesi scorsi in cui si
denunciavano ingenti scarichi di fanghi anomali nella fognatura nera,
le spiagge melendugnesi, vernolesi e otrantine ne sarebbero
interessate e la già difficile situazione economico-turistica delle
imprese commerciali di tutta la costa potrebbe risultarne fortemente
compromessa».</p>
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<p style="margin-bottom: 0cm;" align="justify">Poi sottolinea ancora:
«Quand'anche fossero state rilasciate tutte le autorizzazioni e i
nullaosta previsti dalla legge, resta il fatto che l'ambiente è in
parte stato, e forse lo sarà per sempre, irrimediabilmente
sconvolto. Invece che di sole trincee drenanti, straripanti di
liquido nauseabondo, a cui i melendugnesi hanno ormai purtroppo fatto
l'abitudine, potrebbe esserci domani un enorme lago pieno di liquido
maleodorante, splendida culla-incubatrice naturale di miliardi e
miliardi di zanzare e insetti vari di cui nessuna attività di
disinfestazione potrebbe mai avere ragione. E che dire del
convogliamento in mare dell'eventuale liquido «fitodepurato»? Se
soltanto qualcosa non andasse per il giusto verso la distruzione
delle coste sarebbe pressoché totale. E allora quale sarebbe
l'entità del lastrico sul quale si troverebbero le imprese
commerciali di tutta la costa? Chi ha permesso che si autorizzasse
un'azione simile? E perché? Chi ha dato il tacito consenso a questi
signori di devastare un sito ambientale di così vitale valore dal
punto di vista storico e scientifico? C'erano i presupposti
dell'urgenza e della necessità pubblica? Siamo sicuri di no.
Melendugno è forse terra di nessuno o un reame autonomo, esente da
leggi? Siamo in presenza di un enorme abuso ai danni dei proprietari,
dell'ambiente e dei cittadini di tutto il Salento e perciò invitiamo
la popolazione melendugnese, e il mondo universitario, la stampa e
tutte le televisioni nazionali e locali alla mobilitazione permanente
contro il proseguimento dello scempio che si sta consumando nella
palude di Cassano e che rischierà di mettere in pericolo le coste
salentine e il tutto il settore turistico fino ed oltre Otranto.
Pertanto, chiediamo di: bloccare subito i lavori, salvaguardare
l’ambiente lacustre della zona di Cassano a San Foca, dichiarare la
«Palude di Cassano» sito ambientale di importanza internazionale,
richiedere la protezione del Wwf come il vicino sito delle «Cesine»,
impedire che il depuratore privato possa sversare nel Depuratore
Consortile, di natura pubblica, ripristinare tutto alla normalità e
a destinare l'acqua trattata dai depuratori alle sole trincee
drenanti esistenti, dopo averle opportunamente ricondotte alla loro
naturale normalità d'uso, impedire l'ampliamento del Depuratore
Consortile o, in subordine ridimensionarne la portata alle sole
necessità pubbliche».</p>