Data pubblicazione: 20/06/2008 | CRONACA
Sottoprodotti di origine animale, sei ordinanze di arresto per traffico illecito
Concluse le indagini condotte dal Corpo Forestale dello Stato di Lecce e Brindisi sullo
smaltimento illecito di rifiuti che ha portato al sequestro di varie
aziende a Lecce, Brindisi, Bari, Napoli, Salerno, Latina e
Ravenna. Sei le ordinanze di custodia.
<p style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><strong>LECCE</strong> | Sono sei in tutto le richieste
di custodia cautelare in carcere accolte dal Tribunale del riesame.
Quattro in carcere, due ai domiciliari, che sono state illustrate
questa mattina presso la Procura della Repubblica del Tribunale di
Brindisi, e che precedentemente erano state respinte in una fase
precedente dell'inchiesta. Giungono, così, a un nodo cruciare
le indagini del Corpo Forestale dello Stato, avviate in Puglia nel
novembre 2006. Sei ditte, molte del Sud Italia, sono indagate per
attività di traffico ed utilizzo illecito di sottoprodotti di
origine animale. La normativa comunitaria regolamenta la
materia dei sottoprodotti, e li distingue in tre categorie in
funzione del grado di pericolosità: la categoria 1 obbliga lo
smaltimento, la categoria 2 è formata da scarti non destinati
all'uso animale. La categoria 3 comprende materiali non destinati al
consumo umano.</p>
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<p style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">L'operazione è stata condotta
congiuntamente dal personale dei Comandi Stazione di Lecce e Brindisi
del Corpo Forestale dello Stato, coordinato dal Nucleo Investigativo
Provinciale di Polizia Ambientale e Forestale di Lecce. Indagini che
hanno interessato tutto il procedimento industriale di lavorazione
dei Soa, dalla loro produzione negli impianti di macellazione, al
trasporto e alla destinazione finale in impianti per la produzione di
fertilizzanti, mangimi, e altro materiale, anche ad uso umano. Il
sostituto procuratore del Tribunale di Brindisi, <strong>Pierpaolo Montinaro</strong>,
ha coordinato le indagini, ha trovato il punto di risoluzione di
un'operazione che definiscono unica nel suo genere. Le indagini hanno
dimostrato come sei aziende sparse sul territorio nazionale, nelle
province di Lecce, Brindisi, Bari, Napoli, Salerno, Latina e Ravenna.</p>
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<p style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><strong>LE INDAGINI</strong> | Quella leccese è
sita in territorio di Galatone, e insieme a quella del brindisino
sono solo interessate dalle indagini. L'attività di
investigazione ha fatto sì che ci fossero decine di
perquisizioni nelle aziende, controlli su strada e sequestri di
automezzi impiegati per il trasporto delle sostanze, nonché
intercettazioni telefoniche risultate indispensabili. Gli
investigatori hanno accertato che gli scarti che arrivano dalla
macellazione delle due ditte galatonese e barese, prelevati e
mischiati tra di loro vìolano le norme di settore. Questi
scarti sarebbero stati poi portati presso una società del
napoletano, dove subivano una trasformazione illecita dei prodotti
destinati al commercio. Inoltre, avrebbero anche tratto profitto
evitando di sostenere le spese per il corretto smaltimento dei
rifiuti dei sottoprodotti di origine animale. A quanto se ne sa,
sostanze di quel tipo avrebbero potuto rappresentare un grave
pericolo per la salute umana, con il potenziale rischio di
trasmettere la Bse, la sindrome della «mucca pazza».
Altri concimi fertilizzanti, sarebbero stati utilizzati per la
produzione di prodotti di cosmesi, come collagene e gelatine. I reati
contestati alle persone denunciate sono di associazione a delinquere
finalizzata all'attività organizzata di traffico ed illecito
smaltimento di rifiuti. Si attende, ora, la definitiva sentenza della
Cassazione che dovrebbe chiarire definitivamente eventuali
responsabilità.</p>