di Roberto Fonte
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<p style="margin-bottom: 0cm;" align="justify"><strong>UGENTO</strong> | Trafugano
anfore dal fondale di un sito archeologico marino nelle acque del
basso Salento. Non determinante ai fini di un arresto, al massimo si
sarebbe potuto beccare una denuncia per impossessamento illecito di
reperti archeologici. Però poi, a seguito di un controllo
domiciliare, i carabinieri gli hanno trovato un arsenale. Armi non
denunciate, complete di matricola, non abrasa, e perfettamente
custodite, che erano state nascoste in una valigetta sotto il letto.
E che a uno dei due, quello appunto che ce le aveva in casa, gli è
costato l'arresto. La storia l'avevamo già anticipata ieri
pomeriggio, quando i carabinieri della compagnia di Casarano, diretti
dal capitano <strong>Dario Vigliotta</strong>, a sirene dispiegate avevano
preso d'assedio una zona presumibilmente nei pressi della frazione
Gemini, comunque al largo di una marina di quel territorio. La
caserma era diventata un via vai di militari, alcuni che indossavano
una tuta da sub. Sta di fatto che i carabinieri hanno trovato due
persone, uno sulla terraferma, l'altro invece in acqua con ossigeno e
tuta a presidiare il fondale marino. A quel punto, appena alcuni di
loro si sono accorti, è partito un giro di telefonate enorme,
che nel giro di pochi minuti ha fatto diventare Ugento degno
dell'attenzione che si deve a una capitale. I due, come abbiamo
anticipato, lavorano all'interno di un consorzio di bonifica, ma non
sono stati ritenuti dai carabinieri responsabili allo stesso modo. In
manette è finito <strong>Antonio Zenzale</strong>, un uomo di 46 anni,
di Ugento, mentre l'altro suo collega, di 55 anni, quello
praticamente che faceva «da palo» è stato
denunciato a piede libero. I due, probabilmente a causa della loro
ingenuità, così come sottolineato dai carabinieri,
hanno scoperto una nave d'epoca antecedente a quella romana, con
all'interno anfore d'ogni tipo. Un tesoro, una rarità, non ci
sono dubbi. Fatto sta che, una dopo l'altra, queste anfore stavano
finendo all'interno di un appartamento di proprietà di uno dei
due, quasi fosse una sorta di collezione, che però, con ogni
probabilità sarebbe stata poi destinata alla vendita. Un
mercato nero di reperti archeologici, di elevato valore artistico. Se
pensiamo che un'anfora di epoca romana, può costare intorno ai
2mila 500, o 3mila euro, quelle ritrovate dai due sul fondale del
basso Salento, essendo di origine greco-italica, valgono
indubbiamente molto di più. Ma che cosa c'è su quel
fondale al largo delle marine di Ugento? C'è una nave, coperta
dalla sabbia, quasi completamente, sedimentata ma perfettamente
conservata. E non si sa per quale motivo si trova lì.
Probabilmente ci sarà finita circa duemila anni fa dopo un
naufragio. Sarà la sovrintendenza a stabilire come mai sia
caduta a picco, e che ha portato quel tesoro a rimanese nascosto per
quasi 2mila anni. Un tesoro, certo. Perché in quella sede, di
anfore ce ne sarebbero circa 400. Ma per poterle far rinvenire tutte
alla luce occorrerà effettuare altre immersioni e un
monitoraggio e un monitoraggio accurato col gps per capire, tra
l'altro, se nella zona ci sono altri siti così importanti.</p>
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<p style="margin-bottom: 0cm;" align="justify">Le anfore, 38 per la
precisione quelle che erano state già prelevate, in epoca
storica servivano per trasportare vino, grano, frumento. Sono state
rinvenute a seguito di una perquisizione domiciliare estesa
all'abitazione di uno dei due dai carabinieri di Ugento, diretti dal
maresciallo Congedo. I due erano intenti a caricare in barca e con
l'aiuto di un'imbracatura, munita di rete protettiva, cinque preziose
anfore risalenti presumibilmente al terzo o secondo secolo avanti
Cristo. Esemplari rari che sul mercato nero, avrebbero potuto
fruttare più di tremila euro. A quel punto, nonostante i due
fossero incensurati, e seppur la loro attività dedita a
nascondere quell'immenso patrimonio, faceva presupporre solo la
vendita, i militari hanno voluto vederci chiaro. In casa gli hanno
trovato un vero e proprio arsenale, occultato all'interno di una
valigetta che era nascosta sotto il letto della sua camera, occultato
sotto alcuni maglioni. Aperta la cassetta, i carabinieri hanno
trovato 7 pistole, di cui 5 revolver a tamburo, e 2 semiautomatiche
calibro 9 corto e 7,65, che saranno mandate al Ris di Roma per
stabilire se da quelle canne fosse partito qualche colpo autore di
omicidi, o se comunque siano state impiegate in attività
criminali. Nella valigia c'erano anche 745 munizioni, cartucce che
sono risultate compatibili con le armi detenute e quindi
perfettamente valide. Tra le pericolose armi c'era anche un coltello.
L'attività investigativa, però, non si è fermata
lì. I carabinieri infatti, hanno fatto altre rilevazioni, con
l'ausilio del gruppo dei carabinieri del Nucleo sommozzatori giunti
da Taranto, coordinati dal maresciallo <strong>Ugo Adorante</strong><span>,
che sono intervenuti con non poche difficoltà per raggiungere
quel sito ubicato così in basso, a ben 50 metri sott'acqua.
Con loro c'erano anche i carabinieri della compagnia di Tricase, del
neo capitano </span><strong>Andrea Bettini</strong><span>,
unitamente</span> ai militari del Nucleo Tutela Patrimonio
Ambientale, del maresciallo <strong>Siglari</strong>, che in parte hanno già
attribuito quel patrimonio storico al Museo Civico di Archeologia e
Paleontologia «Salvatore Zecca» di Ugento.</p>
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