di Roberto Fonte
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<p style="margin-bottom: 0cm;" align="justify"><strong>UGENTO</strong> | Una
dozzina d'applausi, scanditi da una serie di interventi controbattuti
soltanto nella parte finale del discorso. Parole che non hanno
mancato di insistere su una linea, quella intrapresa da <strong>don
Stefano Rocca</strong> e per la quale molti cittadini lo hanno ritenuto
come una persona sempre protagonista, al centro dell'attenzione. Non
tutti, però. Perché qualcuno, qualche cittadino di
Ugento, ha capito di dover stare dalla parte di un sacerdote che da
qualche tempo a questa parte sta cercando di smuovere la coscienza
delle persone, anche dovendo metterci la propria faccia. E così
è stato. Don Stefano Rocca, ormai al centro d'ogni colloquio
quando si tratta di parlare di <strong>Peppino Basile</strong>, il consigliere
ugentino ucciso con 19 coltellate quella notte tra il 14 e 15 giugno
scorsi. Consigliere dell'Italia dei Valori, tanto conosciuto in paese
sia per la sua azione politica in opposizione, in consiglio comunale,
quanto a livello provinciale, seduto però sugli scranni della
maggioranza di Giovanni Pellegrino. Don Stefano, oggi, non è
stato protagonista. Questa sera, alle 19 ha semplicemente preso atto
della costituzione di un nuovo comitato cittadino, che si chiama «Io
conto», e col quale porterà avanti, su sua iniziativa,
un percorso preciso che non si fermerà di certo il 18 ottobre
prossimo.</p>
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<p style="margin-bottom: 0cm;" align="justify">Quella del 18 è
una giornata importante, una giornata in cui si terrà un
convegno per discutere di legalità. E se a stimolare le
coscienze, in una comunità, non è un parroco, ditemi
voi. L'incontro, aperto al pubblico, è stato di presentazione
ma anche di dialogo, che come si diceva è stato scandito da
pochi applausi, da quei pochi cittadini (circa un centinaio di
persone, o poco meno) che probabilmente per una sensibilità
maggiore verso il problema di un omicidio irrisolto ha sentito il
dovere di partecipare. Il comitato è nato sulla base di
un'iniziativa popolare, portata avanti da pochi intimi, in primis
<strong>Vito Rizzo</strong>, geometra di professione, che ricopre la carica di
presidente del neo comitato. Con lui, nella difficile impresa, di
sostenere l'operato di don Stefano, ci saranno anche <strong>Daniela
Carangelo</strong>, imprenditrice agricola, in qualità di
tesoriere, <strong>Roberto Viva</strong>, elettricista (consigliere), <strong>Fernando
Tornisello</strong>, agrotecnico (consigliere), <strong>Salvatore Peren</strong>,
geometra (consigliere), e poi <strong>Cosimo Licchelli</strong>, <strong>Luigi De
Icco</strong>, <strong>Ippazio Congedi</strong>, <strong>Quintino Cucci</strong>. Tutti
personaggi che hanno promesso, e già nelle ultime settimane
dimostrato, l'intenzione di voler stare vicino al parroco
«intrepido», se è un aggettivo questo, che gli
compete. Don Stefano, non ci sono dubbi, questa sera ha voluto
mettere alcuni puntini sulle «i». Ha voluto creare dei
paletti fermi in base ai quali «lavorare», da tenere come
vademecum per l'operato di ogni singolo cittadino di buona fede.</p>
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<p style="margin-bottom: 0cm;" align="justify">Quella di oggi, per il
sacerdote, non è stata una giornata serena. Innanzitutto,
perché ha avuto un colloquio piuttosto lungo col pubblico
ministero leccese, il sostituto procuratore <strong>Gianni De Palma</strong>,
col quale don Stefano si è confidato e ha confidato le
perplessità di un'intera comunità. Perplessità
che, per quanto uno le voglia nascondere, per forze di cose la gente
se ne accorge. «Quello col procuratore è stato un
incontro sereno - sottolinea don Stefano - Lui mi ha detto che si
stanno facendo grossi passi avanti, ma che occorre un piccolo aiuto
da parte della comunità. Ed io eccomi, con la mia comunità,
cerco di smuovere le coscienze. Nient'altro». Sembra facile,
smuovere le coscienze. Ma non è così, e di tutte le
difficoltà don Stefano ne è pienamente consapevole, ma
non indugia. Il comitato per lui, è probabilmente il primo,
importante passo. Un comitato che, sottolinea, non si fermerà
solo alla vigilanza della sua persona che è stata vessata da
un paio di minacce, ma di una comunità che vuole sapere la
verità, vuole andare avanti, senza avere il pensiero offuscato
nel guardare in faccia ogni giorno l'altro, avendo la paura che
chiunque, qualora dovesse appartenere alla città, avrebbe
potuto uccidere Peppino.</p>
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<p style="margin-bottom: 0cm;" align="justify">«Ma che cosa posso
fare io - avrebbe detto poi al procuratore De Palma - se la gente non
parla? Che dobbiamo fare? Ci dobbiamo forse inventare le cose?».
Certo che no. Alle 19, all'appuntamento non si presenta praticamente
nessuno, solo dopo una manciata di minuti comincia ad arrivare
qualcuno. Gente perlopiù anziana, o adulti sensibili che hanno
tutti sposato la causa comune. Circa un centinaio di persone disposte
a macchia di leopardo nella sala, ma che con attenzione e curiosità
sente le parole del presidente del comitato Rizzo e dello stesso
parroco. Ma per quale motivo è nato questo comitato? Vito
Rizzo è chiaro: «Nasce dall'esigenza di vivere in una
città civile e democratica. Una città partecipata, dove
ogni cittadino è collaborativo e non vive in disparte
aspettando questa o quella notizia sul giornale. Una città in
cui ogni cittadino che si sente in qualche modo toccato può
replicare, esprimendo il proprio pensiero liberamente». Il
silenzio, nella sala cine-teatro dell'oratorio parrocchiale,
trasmette una sensazione gelida, di distacco e di paura. Un altro
componente del comitato, sottolinea: «La nostra comunità
non può venire in chiesa solo per prendere i sacramenti, quasi
fosse una stazione di servizio». La sala è ancora
gelida, forse in attesa dell'intervento del parroco, che esordisce:
«Non abbiate paura ha detto il Papa». Un esordio che
spezza ancora di più il fiato, quando don Stefano dice di aver
ricevuto, di ritorno da Lecce una lettera, la terza, che gli è
stata recapitata ancora una volta in forma anonima. «Quando
l'ho letta - sottolinea don Stefano - pensavo fosse l'ennesima
minaccia, poi però quando l'ho aperta mi sono reso conto che
c'era tutt'altro: una lettera ricca di contenuti, con date, nomi e
cognomi di persone che dopo aver letto, ho prontamente dato alla
magistratura». Una lettera, spiega, scritta tutta al computer e
ancora una volta senza firma. Da qui, l'invito è stato ancora
più forte, tanto da portare i presenti a rompere il ghiaccio.
Primo applauso.</p>
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<p style="margin-bottom: 0cm;" align="justify">Poi racconta quello di
cui parlavamo prima, di gesti, di sguardi, di movimenti che non
passano inosservati. «Alle 19 fuori dall'oratorio c'era una
persona - sottolinea - che stava piantonando l'ingresso come per far
intimidire quelle persone che si avvicinavano per partecipare
all'incontro. Non capisco perché una persona così possa
aver assunto un atteggiamento simile. Anche perché ho visto
molte persone voler partecipare, che poi però, quando hanno
visto il piantone si sono allontanate». E poi aggiunge: «Il
paese deve partecipare, perché c'è molte gente come me
che la notte non riesce più a dormire per degli assassini che
sono ancora in mezzo a noi». Secondo applauso. Poi, non son
mancati riferimenti a vicende del passato in cui vittima di atti
intimidatori sono stati gli stessi amministratori, dapprima quando
avevano ricevuto una bomba carta davanti al comune nel luglio scorso,
e poi con l'incendio nei confronti dell'automobile del sindaco
<strong>Eugenio Ozza</strong>. «Minacciando me - chiosa ancora don
Stefano - hanno minacciato voi». Terzo applauso. Ma questo,
dunque, è un paese di gente omertosa? Don Stefano crede
proprio di no, anche questo è un chiarimento, nei confronti di
tutte quelle persone che gli avrebbero detto di essere dispiaciuti di
quanto sentitosi dire: «Non ho mai detto che gli ugentini sono
gente omertosa, ma paurosa, che è ben diverso. È per
questo che siamo qui questa sera».</p>
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<p style="margin-bottom: 0cm;" align="justify">La terza lettera ha
incuriosito molte persone, tanto da aver poi chiarito che il
riferimento è a questioni politiche: «Si parlava di
incartamenti protocollati al Comune, con date specifiche nelle tre
pagine battute al pc». Insomma, don Stefano di fronte a una
sala fredda ha spiegato che chiunque sa qualcosa deve parlare, per il
bene di tutti. «Ciò di cui ho paura - spiega - è
che non esca la verità. Questo incontro è necessario
per riflettere. Che poi, non possiamo venire in chiesa solo quando si
tratta di pregare. Lu padre eterno si stanca se sente solo
preghiere». Quarto applauso. La parola passa poi a <strong>Gianni
Ria</strong>, un cittadino che pone la sua attenzione nei confronti del
«muro contro muro» che si sarebbe venuto a creare tra
amministrazione comunale e comunità diretta da don Stefano.
«Dobbiamo trovare - insiste - una linea comune, in modo che
questa sala possa essere piena di gente appartenente a tutti i colori
politici». La volontà da parte del neocomitato sarà
comunque quella di lavorare lontano dai colori politici, così
come ha sottolineato una donna, intervenuta all'incontro: «Il
nostro sarà un contro politico, questo sì, ma non
partitico». In città intanto, indubbiamente c'è
tanta paura e all'ennesimo invito del parroco, dalla platea uno di
loro grida forte: «Questo è un paese di ca..sotto».
Ancora applausi. Insomma, la voglia di dare una svolta, in città,
è più che sentita, e ci proverà, da stasera, non
solo don Stefano Rocca, ma anche il neo comitato, che dovrà
contribuire ad un caso particolarmente intrigato.</p>