LECCE | Se ne è parlato circa un anno fa, quando un'inchiesta condotta da Milena Gabanelli, di Report, su Raitre, fece aprire gli occhi a molti amministratori comunali, scatenando terremoti sia al nord che al sud Italia, con conseguenze a dir poco gravissime. Un gioco azzardato, dove molti amministratori ci hanno fatto rimettere molti soldi. Denaro che, per un gioco del mercato, avrebbe dovuto creare condizioni favorevoli. Sta di fatto che la vicenda degli swap, i cosiddetti «contratti derivati», frutto della finanza creativa di molti comuni, sta creando nuovamente perplessità e scompiglio anche in questi giorni, dove gli enti, guardando la televisione e leggendo i giornali, su internet, si sono resi conto di come il panorama economico-finanziario legato allo scambio di tassi d'interesse e alla rinegoziazione di mutui stia decisamente preannunciando scenari catastrofici. La finanza creativa, molti non lo sanno, e a volte neppure gli economisti più esperti, permette di scambiare un tasso d'interesse (che si era stipulato al momento della sottoscrizione di un mutuo) con un altro tasso il quale, a seconda dell'andamento del mercato, potrebbe far guadagnare o perdere. Di questo argomento, sul forum di Reteluna.it è aperta una più ampia pagina, nella sezione «Economia e finanza» dove ogni persona può esprirere il proprio parere.
Ma andiamo con ordine. Attraverso gli swap, i Comuni che hanno stipulato un mutuo con la Cassa deposito e prestiti, possono rinegoziare un tasso d'interesse per cercare di fare denaro sui debiti. Detta così può sembrare difficile, e in effetti lo è. Anche perché ad oggi, è impossibile calcolare con estrema precisione se un Comune ci sta guadagnando o perdendo. In Italia, solo poche aziende che operano nel settore della finanza sono in grado di calcolare l'eventuale perdita o guadagno, in base all'andamento dei tassi, che come si sa, vengono stabiliti dalle banche centrali. Nel Salento, e questa è storia che risale a circa un paio d'anni fa, se non di più per alcuni Comuni, il Salento ha cominciato a intraprendere azioni di finanza creativa, spesso sulla base di proposte avanzate dalle stesse banche. Che si presentavano, ad esempio, ad un sindaco e gli proponevano il prodotto «vantaggioso». Guai a leggerne tutte le clausole contrattuali. Lo swap è vincolante ed estinguere il contratto è praticamente impossibile. Anzi no. Un modo c'è. Pagare tutta la quota di propria competenza fino a estinguere il debito. Ma quale Comune, in Italia, c'ha i soldi nelle proprie casse per fare una cosa del genere? Praticamente nessuno, tanto che, quando un contratto diventa svantaggioso, il Comune, carte alla mano, procede ad una rinegoziazione. Che poi è la prima, e potrà oggetto di ulteriore rinegoziazione qualora le cose dovessere andare male. Firmare un contratto di swap in alcuni casi è producente, nel senso che aiuta a far cassa sulla base dei debiti prodotti. Dall'altra però, è rischioso, un po' come giocare alla roulette. I contratti derivati, utilizzati in passato nel settore del commercio, potrebbero ridurre il rischio collegato alla vendita o all'acquisto di un prodotto. Questo principio dal settore del commercio è stato applicato negli anni, anche agli enti pubblici che hanno avuto così la possibilità di «giocare» sui tassi. Ci sono Comuni che hanno stipulato un debito con la Cassa deposito e prestiti, a seguito di un mutuo che era stato richiesto. Sul mutuo si può scegliere quale tasso utilizzare, per esempio un tasso fisso. Per poter estinguere un debito interviene poi la banca, spesso Unicredit o Bnl, ma ce ne sono anche tante altre, che propongono all'ente un tasso di ammortamento sulla base di un tasso di interesse variabile. Lo swap è vantaggioso per l'ente perché permette di spalmare il debito in più anni, e ricevere subito liquidità all'ente da poter spendere in spese correnti. In realtà, quella sorta di «tesoretto» che viene versato dalla banca, per una corretta gestione, dovrebbe essere tenuto lì, senza utilizzarlo in investimenti. Perché poi, se si perde va restituito, e se i soldi si sono spesi da dove li si va a prendere? Tra la banca e l'ente c'è un soggetto che sta in mezzo, un consulente, il cosiddetto «intermediario finanziario» che stabilisce le regole «del gioco».
E insomma, il gioco è questo: due parti si scambiano in maniera reciproca due flussi di cambiamento di interessi, che vengono calcolati su un capitale virtuale di riferimento e per un particolare periodo di tempo. La banca propone al Comune di fare lo scambio, lo swap dunque, in base al quale l'istituto di credito si impegnerà a pagare un tasso di interesse variabile (quello cioè che doveva pagare il Comune) mentre il Comune ne pagherà uno fisso, generalmente inferiore rispetto al variabile. Sappiamo che i tassi di interesse variano in base ai tassi di mercato (Euribor e Libor). Il tasso di interesse variabile viene dunque, scambiato con quello fisso. Possiamo ipotizzare che un Comune in origine abbia un tasso di interesse variabile del 5 per cento, e che questo venga ceduto alla banca, che si impegnerà a pagarlo in cambio di un tasso fisso del 4,5 per cento. Il Comune, intanto, solo per il fatto di aver stipulato un contratto derivato si impegnerà a pagare dei costi impliciti (cioè dei costi che ci sono ma non si vedono) che solo attenti economisti sono in grado di calcolare. In Italia, il dato relativo a un anno fa, diffuso tra l'altro sulle pagine de Il Sole 24 Ore, sottolineava come, nel Paese, su 8mila Comuni, 670 avessero sottoscritto un contratto derivato. Contratti che, anche nel Salento non son mancato e che stanno portando molti Comuni praticamente a piangersi sopra, per via delle grosse perdite che stanno accumulando.
Nel Salento, attualmente hanno un «conto aperto» 23 Comuni su 97. Con lo banche questi enti hanno movimentato in totale 198 milioni 169mila euro. Lecce ha movimentato 105 milioni di euro, Casarano invece 10, Veglie ne ha movimentati 8 milioni 262mila, Sannicola 3 milioni 645mila, Ugento 5 milioni 520mila, Maglie 5 milioni 743mila, Lequile 1 milione 761mila, Guagnano 1 milione 619mila, Copertino 9 milioni 162mila, Gallipoli 7 milioni 408mila, Calimera 1 milione 649mila, Campi 1 milione 991mila, Caprarica di Lecce 1 milione 261mila, Diso 1 milione, 055, Melendugno 3 milioni 587mila, Otranto 2 milioni 221mila, Tuglie 1 milione 372 mila, Taviano 5 milioni 872mila, Cursi 2 milioni 700mila, Acquarica del Capo 829mila, Castrignano dei Greci 617mila, Trepuzzi 12 milioni 600mila, Galatone 4 milioni 288mila.
Tenendo presente che la situazione varia a seconda del Comune, ogni ente ha una sua storia. Ogni ente potrebbe guadagnare, ma la situazione internazionale vede la tendenza decisamente contraria, e molti enti sono costretti a rinegoziare il debito per spalmare in più anni il proprio debito e quindi allungare i tempi d'ammortamento. I costi impliciti, poi, come si diceva, possono essere calcolati soltanto da istituto specializzati che portano i conti con l'ausilio di specifici software. Tenendo presente che, nel più delle volte, queste scelte competono non tanto gli assessori al Bilancio, quanto gli uffici di ragioneria, a volte si è sottoscritto un contratto derivato nella massima buona fede e ingenuità. In Italia, uno dei maggiori esperti del settore, in grado di fare un prezzaggio del contratto è Nicola Benini, consulente finanziario indipendente della Ifa Consulting di Verona. Il cosiddetto «pricing», il prezzaggio appunto, permette di effettuare un calcolo sui tassi, sui costi impliciti e su quell'eventuale anticipo acquisito dal Comune, che come si diceva il più delle volte viene utilizzato per le spese correnti, e che in realtà dovrebbe essere conservato fino a che non si ha la certezza che il Comune ci ha guadagnato. La tecnica dei tassi è talmente sofisticata, che nel gioco degli interessi a volte la percentuale nella quale il tasso si deve attestare deve rimanere al di sotto di una determinata soglia, ma a volte non è così. Nel senso che, certi derivati hanno un doppio vincolo, in base al quale ci si perde praticamente quasi sempre. Alcuni Comuni hanno accettato, infatti, contratti swap che hanno il cosiddetto Collar, una sorta di «collare» che dà un vincolo al tasso di interesse variabile. Questo per poter guadagnare si deve attestare in mezzo a due valori. Il primo, quello più alto, cosiddetto tasso medio, oltre il quale si perde, e l'altro, la «soglia floor» al di sotto della quale si perde di nuovo. Insomma, un tetto massimo e un tasso minimo.