di Giorgio Coluccia
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<p style="margin-bottom: 0cm;" align="justify"><strong>GALLIPOLI (dal nostro
corrispondente)</strong> | Foggia-Gallipoli. E son subito scintille. Dopo
quello giocato, e vinto, a Potenza, gli jonici allenati da Giannini
giocano il secondo derby stagionale. Ancora in trasferta, ancora da
primi in classifica. Le difficoltà non mutano, anzi aumentano;
così come non muta l'obiettivo dei giallorossi, desiderosi di
restare ancora in vetta. Magari poi per giocarsi, sette giorni doopo,
il big match casalingo con l'Arezzo, compagno lassù in vetta.
A tredici lunghezze, frutto di quattro vittorie e un solo pari. Allo
«Zaccheria» si rincorreranno cabala e rivalità,
pezzi di storia passata, ma anche futura. Sarà un pomeriggio
particolare, specialmente per il fantasista francese David Mounard.
Colui che grazie al Foggia ha messo le ali nel calcio italiano. E che
ora, con l'altra casacca, quella gallipolina, cerca il salto triplo,
quello della consacrazione. Un derbissimo a tutti gli effetti, a cui
il transalpino si presenta in gran forma, dopo il suo primo gol
segnato in giallorosso.</p>
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<p style="margin-bottom: 0cm;" align="justify">«Sicuramente sarà
un bel ritorno - ha dichiarato Mounard a due giorni dalla sfida -. Mi
presento con la voglia di vincere, anche se è un po' strano
ripresentarmi da avversario e primo in classifica, dopo che in estate
ero stato messo fuori rosa. Foggia rimane una città importante
per la mia vita, dove ho vissuto quattro stagioni calcistiche
importanti ed ho intrecciato un legame profondo con la città.
Purtroppo ho dovuto prendere una strada diversa. Non andavo più
d'accordo con qualche persona. Era meglio per me andare via,
ritrovare la serenità per poter giocare al pallone ed
esprimere il mio calcio. Sono andato via, perché non venivo
più trattato da giocatore importante. Ho bisogno di essere
coccolato ed avvertire la presenza alle spalle di qualcuno che mi fa
crescere». Chiara allusione a mister Novelli: «Verso di
lui rimango indifferente e non nutro sentimenti: né di odio né
di amore». Dopo questo primo scorcio, sono in molti, fra tifosi
e dirigenti gallipolini, a fregarsi le mani, a gustarsi le giocate,
la fantasia, l'estro del «Nano». O meglio, del «David
di Donatello», l'altro suo soprannome. Sul quel rettangolo
verde che tanto gli ha regalato, domenica, in caso di gol, ha fatto
una promessa: «Non esulterò per rispetto a tutti quelli
che mi hanno fatto sentire importante, come un calciatore di serie
A».</p>