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<p style="margin-bottom: 0cm;" align="justify"><strong>LECCE</strong> | Che la
famiglia Padovano non fosse estranea agli ambienti mafiosi, lo dice
l'ultima relazione della Direzione investigativa antimafia. Nella
seconda relazione semestrale relativa al 2007, la Dia ha sottolineato
la situazione della criminalità organizzata nel Salento,
specificando fra i tanti clan attivi anche quello dei Padovano. Il
sottosegretario all'Interno con delega alla sicurezza, Alfredo
Mantovano, ieri è intervenuto da Gallipoli, tracciando una
situazione di criminalità organizzata che sarà
ostacolata dall'intervento dello Stato: «Sia chiaro a tutti che
lo Stato nel Salento c'è ed è presente. Risponderà
ad ogni tipo di aggressione criminale con tutta la decisione e la
forza di cui dispone e non intende neanche lontanamente evocare
scenari di fine anni Ottanta».</p>
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<p style="margin-bottom: 0cm;" align="justify">La biblioteca del borgo
antico della città di Gallipoli, ieri si è trasformata
in un luogo in cui discutere di sicurezza. È proprio lì
che si è riunito il Comitato per l'ordine pubblico. Oltre ai
responsabili delle forze dell'ordine, c'erano anche il prefetto
Nicola Cavaliere, capo della Criminalpol, il prefetto Francesco
Gratteri, responsabile della Direzione nazionale anticrimine, il
generale Giampaolo Ganzer, comandante del Raggruppamento operativo
speciale dei carabinieri. Mantovano promette, che qualora sarà
necessario Gallipoli sarà metà delle forze e delle
rappresentanze istituzionali a scadenza periodica. L'occasione di
ieri, è servita a riflettere sugli ultimi episodi di mafia,
della criminalità organizzata, tra cui l'uccisione di
Salvatore Padovano, freddato sabato 6 settembre, alle 10,30,
all'entrata della pescheria «Il paradiso del mare», lungo
la strada provinciale che conduce a Rivabella. Quel killer, in pieno
giorno, con la gente vicina, gli sparò cinque colpi di cui tre
fatali a distanza ravvicinata, circa quattro metri. Il killer è
rimasto impunito, tanto che nel giro di pochi secondi è
fuggito via a bordo di uno scooter rubato. A distanza di sette
giorni, intanto, c'è un altro omicidio, quello di Giorgio
Romano, per mano di Vincenzo De Salve, che avrebbe impugnato una
pistola calibro 9 residuo di guerra, per farsi giustizia da solo, a
causa delle presunte pressioni che Romano avrebbe esercitato con
l'intenzione di acquistare una macelleria confiscata, che sarebbe
finita nelle aste giudiziarie. La famiglia Romano, intanto, qualche
giorno ha specificato che l'omicidio del faccendiere non sarebbe, a
loro parere, in alcun modo riconducibile alla mafia, «tanto che
- sottolineano - il responsabile è stato catturato».</p>
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<p style="margin-bottom: 0cm;" align="justify"><strong>L'INCONTRO CON I
RAPPRESENTANTI DELLE ISTITUZIONI</strong> | «Un amministratore
pubblico, un docente universitario, un giornalista non possono
spogliarsi del loro ruolo istituzionale e dire che facevano certe
cose a titolo personale. Un conto è la poesia, un conto è
la mafia: non possono esserci sovrapposizioni». Le parole di
Alfredo Mantovano risuonano chiare nel giorno dell'incontro con i
rappresentanti delle istituzioni. In particolare, il sottosegretario
contesta il comportamento di quei docenti universitari che hanno
partecipato alla presentazione del libro di Salvatore Padovano, «Da
Ciano all'11 settembre», e ha contestato l'attività di
quei giornalisti che hanno tentato di favorire il sorgere e il
diffondersi di un'idea di nuova identità che Padovano stava
costruendo di sé. Il principio di responsabilità,
sottolinea, appartiene a tutti. La sua identità che aveva
resistito anche al 41 bis, avrebbe fatto sì che egli «fosse
ritenuto indispensabile nel tessuto criminale locale, nonostante quei
tentativi di mimettizzarsi con la società civile per
accreditarsi come una persona ormai lontana dagli ambienti della mala
e dai contesti delittuosi, attraverso la sua azione sociale».</p>
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<p style="margin-bottom: 0cm;" align="justify"><strong>L'ANALOGIA</strong> | Nei
due omicidi, però, ricorre un comune denominatore. È
vero che gli episodi sarebbero separati, ma è pur vero che
Salvatore Padovano, tra le attività che avrebbe avviato dopo
la scarcerazione, aveva anche quella della compravendita di immobili
con le aste giudiziarie. Secondo Mantovano si tratta di un contesto
diverso rispetto a quello degli anni Ottanta. La Sacra Corona Unita,
in questi anni, sarebbe cambiata, ma non debellata, anche perché
i gruppi malavitosi continuano a proliferare. Dal carcere, secondo
Mantovano, i messaggi dei boss riuscirebbero a bypassare le mura,
tanto da arrivare ai destinatari. Ed ecco i riferimenti ai fratelli
Tornese di Monteroni, ai Coluccia di Galatina, e ai Giannelli di
Parabita. Secondo le forze dell'ordine il gruppo dei Padovano è
da ascrivere tra i clan in attività. Una sorta di mappatura
potrebbe essere fatta, tanto da toccare diversi luoghi del Basso
Salento, passando attraverso una linea immaginaria che va da
Gallipoli, a Taviano e Racale, da Parabita, a Casarano e Matino fino
a Taurisano. I dati emergono dall'ultimo rapporto della Dia, che
riguarda il secondo semestre 2007, e la prima parte del 2008.</p>
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<p style="margin-bottom: 0cm;" align="justify"><strong>IL RAPPORTO SEMESTRALE
DELLA DIA</strong> | Ogni circa sei mesi, la Direzione investigativa
antimafia diffonde un rapporto dove vengono elencati i dati dei clan
mafiosi salentini. Stando alla seconda relazione semestrale del 2007,
fra i clan più attivi c'è anche quello dei Padovano.
«Il gruppo Padovano, attivo in Gallipoli, esercita influenza
nel Basso Salento, forte anche dell'avvicinamento ai Tornese di
Monteroni. Infatti, in Casarano, un pluripregiudicato del luogo, già
appartenente all'ex sodalizio della Scu dei Giannelli, avrebbe
costituito un proprio gruppo autonomo dedito al traffico di
stupefacenti, con l'approvazione del gruppo Padovano. Anche nel
limitrofo comune di Matino si colgono segnali si colgono segnali di
attivismo nel commercio di stupefacenti da parte di personaggi
«vicini» ai Padovano/Tornese. Pure a Galatina, ove già
operava il gruppo Coluccia, in atto ampiamente disarticolato, si
registra la presenza di soggetti che intenderebbero colmare il vuoto
esistente nel tessuto criminale, potendo contare sull'appoggio dei
Padovano. A Monteroni permane il sodalizio Tornese, nonostante la
detenzione dei capi della consorteria. L'ultimo semestre è
stato caratterizzato da una serie di atti intimidatori posti in
essere nei confronti del detenuti Alessandro Martino, già
reggente del 246 prefato sodalizio, con l'affissione in Monteroni di
manifesti a lutto che falsamente ne annunciavano la morte, con il
danneggiamento dell'abitazione di una sua parente e l'incendio
dell'auto di un suo affiliato. Nel nord Salento, il gruppo De Tommasi
starebbe attraversando un periodo particolarmente delicato a causa
della mancanza di affiliati in stato di libertà capaci, per
caratura criminale, di ricompattare il sodalizio. Pertanto, il
territorio sembra subire l'influenza di realtà criminali
dislocate nei comuni limitrofi del brindisino (San Pietro Vernotico,
Cellino San Marco e Torchiarolo), che, pur potendosi registrare
presenze di soggetti contigui ai De Tommasi, si dimostrano
particolarmente attive nel commercio di stupefacenti nei comuni di
Campi Salentina, Squinzano e Trepuzzi».</p>
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