PARABITA | È stato sorpreso alle spalle, probabilmente perché dopo l'ennesimo tentativo di trattare col suo acquirente, non c'è stato l'accordo, a tal punto da aver deciso, pistola alla mano, di costruirsi la propria vendetta. Sono trascorsi solo pochi giorni, da quando a Gallipoli, sulla strada provinciale che porta a Rivabella, l'ex boss legato alla Sacra Corona Unita, Salvatore Padovano è stato freddato nei pressi di una pescheria. Questa volta, ci spostiamo a Parabita, dove un uomo, Giorgio Romano, di 61 anni, originario di Matino, ma residente da anni a Parabita, è stato ucciso a colpi di pistola. Il fatto si è verificato questa mattina, intorno alle 6,30. L'uomo, sposato di recente per la prima volta dopo una separazione con la convivente di Tuglie, con la quale aveva avuto due figli, si era recato di buon mattino, all'interno di un suo capannone, che si trova esattamente di fronte al supermercato Eurospin, alla periferia di Parabita, sulla provinciale per Gallipoli, sulla strada cioè che collega la cittadina del basso Salento alla provinciale 361 che da Alezio porta a Collepasso, a pochi metri dallo svincolo per Parabita. Romano si era messo probabilmente d'accordo con due persone, due intonacatori, che gli avrebbero dovuto effettuare lavori di restauro di un capannone piuttosto grande, che sarebbe dovuto diventare un supermercato. La struttura, tutta recintata, con due cancelli (uno dei due di fronte all'Eurospin), è ricca di palme secolari, e per poterla raggiungere si deve percorrere qualche metro. A quanto se ne sa, il suo presunto aggressore, Vincenzo De Salve, di 55 anni, macellaio, originario di Casarano, città in cui lavora, ma residente a Parabita, lo avrebbe atteso all'interno della struttura. Appena giunto sul posto, Romano avrebbe aperto il portone d'ingresso per permettere agli intonacatori di entrare a effettuare i lavori. Sta di fatto, che una volta giunto sul posto, probabilmente avrebbe trovato già lì ad aspettarlo De Salve, con cui doveva discutere in merito alla confisca di un immobile. Nella sua vita, anni addietro, Romano si occupava di compravendita di automobili, tanto che aveva una concessionaria. Negli anni Novanta, andò a finire sulle colonne dei quotidiani perché fu vittima di un attentato, dove furono danneggiate diverse sue autovetture destinate alla vendita. A quanto pare, non era legato al clan della Sacra corona unita, quella di Salvatore Padovano, ucciso una settimana fa, pertanto non ha avuto legami di tipo mafioso. Il capannone, nonostante sorgesse in zona agricola, sarebbe dovuto diventare un supermercato, ed era per questo che Romano aveva avviato alcuni lavoretti di ristrutturazione. Stando a quelle che sono le prime ricostruzioni dei carabinieri, Romano avrebbe lasciato il cancello aperto, poi dopo essere entrato nella struttura, a seguito di una discussione, sarebbe stato ammazzato dal presunto omicida, che impugnata una pistola calibro 9, gli avrebbe scaricato cinque colpi. L'intenzione di Romano, nei rapporti con De Salve, sarebbe stata quella di acquistare la sede di una macelleria, che si trova in via Coltura, sotto l'unico piccolo porticato della via. Quell'esercizio commerciale, in un primo momento sarebbe stato intestato alla figlia femmina, poi qualche mese fa, intestatario della struttura sarebbe diventato l'altro figlio. De Salve avrebbe accumulato molti debiti con le banche, a tal punto che la magistratura ne avrebbe disposto la confisca, rimandandone la proprietà all'asta giudiziaria. Romano (secondo gli investigatori) aveva avuto precedenti a suo carico di notevole rilevanza, anche se la famiglia precisa che non è mai stato arrestato. De Salve, invece, sarebbe già noto alle forze dell'ordine, perché colpito in passato da un arresto. A suo tempo avrebbe segregato l'amante in casa, a tal punto che fu arrestato e processato. Secondo alcune voci, De Salve avrebbe ricevuto una richiesta di denaro da parte di Romano per non presentarsi all'asta che si sarebbe dovuta tenere dopo circa un mese. La confisca e di conseguenza lo sfratto dalla macelleria non erano ancora arrivati, tanto che l'attività sarebbe andata avanti. Romano era pittosto conosciuto a Parabita, ma anche a Matino e in altri paesi limitrofi come Tuglie e Casarano. Questa mattina, quando i carabinieri della compagnia di Casarano, diretti dal capitano Dario Vigliotta, si sono recati sul posto, lo hanno trovato riverso a terra, sul fianco sinistro, accanto alla sua auto, una Mercedes Cls di colore grigio. Il suo presunto assassino, che in un primo momento era tenuto in stato di fermo, nelle prime ore del pomeriggio è stato arrestato, perché ritenuto responsabile dell'omicidio. Cinque i colpi di pistola accertati, di cui quattro che gli sono arrivati addosso. Due di questi, lo avrebbero colpito alla testa, uccidendolo. Sul posto, a fare ulteriore chiarezza sono giunti anche Valeria Elsa Mignone, della Direzione Distrettuale Antimafia, il magistrato di turno, il sostituto Giovanni De Palma e il medico legale che dovrà effettuare l'autopsia, Alberto Tortorella. Romano lascia così la moglie e i due figli, Giorgio (che frequenta il secondo anno di scuola superiore), Matteo, (che fa la terza media).
DE SALVE REO-CONFESSO | L'esame autoptico sul cadavere di Giorgio Romano, sarà effettuato lunedì mattina dal medico legale Alberto Tortorella. I carabinieri della compagnia di Casarano, il capitano Dario Vigliotta, il maresciallo della stazione di Parabita, Mario Sergi, e il capitano del Nucleo operativo e radiomobile Carlo Sfacteria, hanno illustrato i dettagli che hanno fatto risalire gli inquirenti, nel giro di mezza giornata, giusto il tempo di ricostruire i fatti, al presunto omicida, Vincenzo De Salve, appunto. Che è reo-confesso. La confessione, però, è arrivata dopo che l'uomo è stato prelevato da casa dai carabinieri grazie ad una testimonianza chiave, che ha permesso di chiudere il caso praticamente subito. Proprio all'uscita dall'Eurospin, un uomo ha apportato la sua testimonianza. Fondamentale, per gli inquirenti. C'è poi un operaio, uno dei due intonacatori, che proprio appena era giunto sul luogo, perché messosi d'accordo con Romano per i lavori di restauro della struttura, ha subito notato un'auto sgommare a tutta velocità. Si tratta di una Fiat Uno, di colore bianco, a bordo della quale, De Salve sarebbe fuggito. L'operaio ha cominciato a inseguirlo perché si era reso conto che quella manovra brusca, nascondeva qualcosa. Puro intuito. Perché poi, una volta tornato sul posto del delitto, ha trovato Romano riverso nel sangue. Ed è a quel punto, alle 6 e mezza del mattino, che è scattato l'allarme. I carabinieri della stazione locale, diretta da Sergi, sono stati allertati e sono subito giunti sul posto. Hanno avvisato la compagnia di Casarano, ma hanno pure ascoltato l'operaio. «Sì sì, l'ho visto. Ho visto un uomo fuggire a bordo di un'auto. Fiat Uno. Bianca». A quel punto i militari gli hanno chiesto se fosse sicuro di quanto aveva visto. E lui: «Certo, sono sicuro, l'ho inseguito fino a un certo punto. Poi lui, ha effettuato una serie di sorpassi e me lo sono lasciato sfuggire. Mi ricordo però, che aveva una maglietta con righe bianche». Una testimonianza che ha portato subito gli investigatori sulle tracce di Vincenzo De Salve. Il capitano Vigliotta sottolinea che solo la profonda conoscenza del territorio da parte del suo maresciallo, che anche attraverso un nomigliolo, un soprannome, utilizzato dal testimone per richiamarlo per un saluto, ha potuto condurre gli investigatori sulle tracce di De Salve. I carabinieri, dopo averlo preso da casa, e portato in caserma, l'hanno messo sotto torchio. E intanto, è scattato lo stato di fermo. Le prime domande, che gli sono state poste rigorosamente dinanzi al suo avvocato, Giuseppe Grasso di Parabita, del Foro di Lecce, e che sono state registrate, hanno permesso di ricostruire il rapporto tra De Salve e Romano, che era in tensione a causa della confisca della macelleria, messa all'asta giudiziaria, che Romano aveva intenzione di acquistare. Da subito, ai militari, è parso chiaro che il rapporto tra i due era stato reso teso da questioni meramente personali e non da un ipotetico rapporto con la Sacra Corona, come si era pensato in un primo momento nel corso della mattinata. «Il caso De Salve-Romano, con l'omicidio di Padovano di sabato scorso, non c'entra nulla» sottolineano. De Salve avrebbe poi confermato di essere stato lui l'omicida, e dopo il fermo è scattato l'arresto in flagranza di reato. De Salve, nello scappare, urta con la sua Uno e lascia quelle tracce che sono state poi oggetto di rilievo da parte dei carabinieri, quasi una prova del nove che effettivamente, nonostante avesse confessato, fosse stato lui l'omicida.
IL RAPPORTO TRA DE SALVE E ROMANO | Romano da tempo si occupava di compravendita di beni immobili. Aveva acquisito diverse strutture. Ma più che un imprenditore, o un libero professionista, Romano è stato definito dai carabinieri un faccendiere. Cioè un fac-totum che si occupava di fare soldi con la compravendita oltre che delle auto anche degli immobili. Noto per i suoi precedenti, aveva compiuto truffe, estorsioni, tanto da essere stato accusato di falso. Aveva firmato anche assegni a vuoto. Da De Salve, Romano aveva acquisito, sempre a seguito di confisca, altre strutture, tra cui una campagna. E proprio in quest'ultima, dopo averlo trovato su quello che per De Salve era ormai una ex proprietà, gli avrebbe detto senza mezzi termini: «Te ne devi andare. Che ci stai facendo ancora qua?». Il tentativo di trovare un accordo con Romano, soprattutto per quanto riguarda la macelleria, era praticamente impossibile. La vittima era ferma sulle sue posizioni. E poi gli avrebbe detto: «Questa campagna non è il luogo giusto per parlare. Se vuoi ci troviamo dopo nel mio capannone». Queste ultime parole, però, sono soltanto una supposizione che arriva dagli investigatori, tanto che la famiglia, in una nota, ha specificato che tra Romano e De Salve non era stato fissato alcun appuntamento. Gli investigatori hanno poi controllato altre testimonianze di persone che hanno visto De Salve al bar, di buon mattino, prendere un caffè. Probabilmente prima di impugnare l'arma, calibro 9, che lo ha freddato a distanza di quattro metri, con cinque colpi. Come si diceva, di questi, solo quattro sono andati a segno, mentre uno è finito sul muro. Al torace, al gluteo, poi a uno zigomo e alla testa. Il medico legale, lunedì valuterà se quel colpo che gli ha tranciato la carotide, sia stato, come probabilmente si può pensare, quello fatale. Insomma, gli orari, le coincidenze, l'accusa è di omicidio volontario. Unica cosa da chiarire, la premeditazione. E poi c'è un altro punto interrogativo. L'arma, che non è stata ancora rinvenuta. Tanto che De Salve avrebbe riferito di averla gettata da qualche parte. Ciò che sottolineano i carabinieri è che in questo caso, è stata fondamentale una semplice collaborazione di un cittadino. A differenza di altri casi, come quello, ormai diventato un enigma, di Peppino Basile, avvenuto in un paese dove tutto rimane sottaciuto. E poi, il ritorno dell'arma da fuoco, sottolinea un periodo ormai lontano dal 2006, 2007, dove la pistola viene nuovamente riutilizzata.
IL SINDACO DI PARABITA ADRIANO MERICO | Sul luogo del delitto, questa mattina, è giunto anche il sindaco della città di Parabita, Adriano Merico. Il primo cittadino ha detto di non aver conosciuto con precisione Giorgio Romano, anche se, nell'ultimo periodo si era recato in Comune per chiedere che gli fosse rifatto l'asfalto di una via della sua abitazione, che si trova tra via Gaetano Vinci angolo via Napoleone Bonaparte. Sul posto, insieme al primo cittadino, c'era anche il vicesindaco della città, Tommaso Fracasso. Entrambi si dichiarano sconvolti per quanto accaduto. «Era da anni che la città di Parabita era diventata una cittadina tranquilla, tanto che le forze dell'ordine e le istituzione erano riuscite a sopprimere gli episodi di criminalità. Sono sconvolto per quanto accaduto questa mattina - ha detto il sindaco - per un episodio di violenza inaudita».
LA POLITICA, PARLA BUCCOLIERO | «La preoccupazione già espressa per l’omicidio di Salvatore Padovano si rafforza alla luce di questo efferato fatto di sangue che, a distanza di pochi giorni, torna a scuotere il Salento». È quanto dichiara il consigliere della Regione Puglia e vicepresidente della VII Commissione, Affari Istituzionali, Antonio Buccoliero, dopo la notizia dell’uccisione, a Parabita, di Giorgio Romano, con alle spalle precedenti penali. «In questo clima di assurda violenza - sottolinea Buccoliero - le forze dell’ordine e le istituzioni rappresentano un punto fermo importante. Le indagini tempestive dei carabinieri della compagnia di Casarano hanno permesso, infatti, nel volgere di poche ore, di risalire al responsabile di questo efferato omicidio. È importante - concludere Buccoliero - riporre ogni fiducia nelle istituzioni e nelle forze di polizia, collaborando attivamente, a vari livelli, per far sì che ogni logica legata a violenza, sopraffazione e vendetta personale venga estirpata sul nascere».