Data pubblicazione: 09/09/2008 | INTERVENTI
Poli sul federalismo fiscale: «Chiarire il principio della territorialità dei tributi»
Per Adriana Poli Bortone la bozza - Calderoli è una buona base di discussione, ma rischia di nascere con un pregiudizio di fondo. Questo il parere del senatore del Popolo delle Libertà e coordinatore di Alleanza Nazionale in Puglia.
<p style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;"><strong>LECCE</strong> | «La bozza - Calderoli sicuramente può essere una buona base di discussione, ma prima di essere presentata in Consiglio dei ministri va affrontato e chiarito il principio della territorialità dei tributi». Questo il parere del senatore del Popolo delle Libertà e coordinatore di Alleanza Nazionale in Puglia <strong>Adriana Poli Bortone</strong> sui contenuti della bozza di disegno di legge sul federalismo fiscale «Attuazione dell’articolo 119 della Costituzione: Delega al Governo in materia di Federalismo Fiscale» ed in particolare sul punto che riguarda la territorialità dei tributi.</p>
<p style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;"><br />«Gli amministratori del Sud - evidenzia - non siano così gretti dal fare barricate contro l’attuazione del federalismo, ma non siano neanche così sprovveduti da… non saper fare bene i conti. D’altro canto si tratta solo di chiarire preventivamente un principio: se una azienda genera reddito o consumi su un territorio è logico e razionale che paghi le tasse dovute sul territorio in cui opera e non solo dove ha la sede legale.</p>
<p style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;"><br />Risulta necessario, quindi, prevedere - continua <strong>Adriana Poli Bortone</strong> - una piena applicazione del principio di territorialità, che viene espresso all’articolo 5, comma 1, lettera d, della bozza di disegno di legge. Non si capisce il motivo per il quale per le Regioni a statuto speciale rimane una espressa indicazione che deleghi a norme di attuazione la previsione, sulla base di quanto previsto dai rispettivi statuti, delle modalità per l’attribuzione alle Regioni di quote del reddito delle imprese con sede legale fuori del territorio della regione e con stabilimenti o impianti nella regione medesima, articolo 20, comma 2, mentre questa stessa, chiara e netta, individuazione non viene fatta anche per tutte le altre Regioni. Se non si chiarisce prima questo punto, tutta la riforma nasce con un grave pregiudizio di fondo.</p>
<p style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;"><br />Gravissimo errore poi - conclude - sarebbe quello di assegnare alle Regioni l’Irpef: da studi effettuati risulta come fatto 100 il gettito Irpef pro capite della Lombardia, il gettito della Calabria, ultima in classifica, è solo 36. Basta questo semplice dato per far capire l’impossibilità di considerare questo tributo come federale e come espressione della, reale, ricaduta di consumi e redditi prodotti sul territorio che li ha generati. A tal fine risulterebbe più equo considerare l’Iva o, in ultima analisi l’Irap, dopo, però, un processo di armonizzazione delle basi imponibili e delle aliquote su scala nazionale, quali tributi autonomi delle Regioni. Solo in questo modo il federalismo fiscale potrebbe avere un senso».<br /><br /><br /></p>
<p style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;">La Poli, in un’altra nota pubblica, richiama il principio della trasparenza, ed in particolare il profilo legato alla erogazione di somme ai privati da parte degli enti pubblici, per invocare una verifica sulla erogazione di contributi del Corecom in Puglia.</p>
<p style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;">«L’accelerazione sull’attuazione del federalismo - sottolinea - impone anche una serie di controlli sulle spese degli enti locali, i quali avranno ancora più responsabilità in termini di garanzia di trasparenza e di fedeltà alle norme previste per le erogazioni delle somme. Tutto ciò è valido per ogni settore produttivo, a partire dal settore della comunicazione che, anzi, deve essere d’esempio a tutti gli altri settori. Sarebbe il caso di guardare in Puglia alla erogazione di contributi fatti dal Corecom a tutti quanti gli operatori della comunicazione per verificare che ci siano i requisiti richiesti dalla legge. E’ un fatto di trasparenza - conclude Adriana Poli Bortone - al quale non devono sottrarsi gli enti, ma nemmeno i mezzi di comunicazione».</p>
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