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<p style="margin-bottom: 0cm;" align="justify"><strong>LECCE</strong> | Latitante,
pluripregiudicato per associazione a delinquere di stampo mafioso,
condannato con sentenza definitiva alla pena maggiore, l'ergastolo.
Alla quale vanno aggiunti i reati di occultamento di cadavere e porto
abusivo d'armi da fuoco. L'ordine di esecuzione per la carcerazione è
arrivato il 12 maggio 2008, dalla Procura Generale della Repubblica
presso la Corte d'Appello di Bari, proprio perché la
Cassazione aveva rimandato tutto nelle loro mani. <strong>Umberto
Zingarello</strong>, 43 anni, leccese, è stato catturato grazie a
un «blitz» condotto dagli agenti di polizia della Squadra
Mobile di Lecce, che lo hanno arrestato questa mattina a seguito di
una delicata operazione, cominciata diverse settimane prima, e che
era stata diretta dal dirigente del settore, il dottor <strong>Annino
Gargano</strong>.</p>
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<p style="margin-bottom: 0cm;" align="justify">Un'operazione durata
circa dieci giorni, dove i poliziotti hanno seguito i movimenti della
moglie di Zingarello, che li ha poi condotti alla sua dimora
nascosta, lì dov'era rintanato. Zingarello era un pezzo grosso
della mafia locale, sodale del gruppo leccese della Sacra Corona
Unita, del clan «De Tommasi-Cerfeda-Lezzi» e si era reso
irreperibile dal luglio scorso. L'iter processuale si era mosso per
far luce sulla misteriosa morte di <strong>Raffaele Riezzo</strong>, all'epoca
23enne, di Surbo. Riezzo era una delle vittime di «lupara
bianca», del periodo 25 marzo 1992. Il suo cadavere non fu mai
ritrovato. Tanto che gli agenti si mossero sulla costa di Frigole con
l'ausilio di ruspe, per poi fermarsi perché si stavano aprendo
varchi enormi, che stavano scombinando il paesaggio naturale. Ed è
proprio quello il luogo nel quale sarebbe stato insabbiato, lungo
quel litorale, dopo essere stato cosparso di acido muriatico. La
Procura di Lecce archiviò il caso, e considerò quella
di Riezzo una presunta morte, pur non avendone mai avuto la certezza.
Il pronunciamento della Procura di Lecce fu che l'uomo, con ogni
probabilità fosse morto, o meglio, questo è quanto
traspare dal verbale redatto da quello che era l'allora Procuratore
della Repubblica leccese. Rizzo sarebbe stato ucciso per un
regolamento di conti, tra clan rivali. Le altre persone coinvolte,
ritenute poi responsabili e condannate al carcere a vita sono <strong>Donato
Natali</strong>, <strong>Luigi Peciccia</strong>, di 38 anni, (arrestato a
Bardonecchia, al confine con la Francia, il 3 giugno scorso), <strong>Antonio
De Vitis</strong> (arrestato, in carcere), e <strong>Carmelo Fiorentino</strong>, di
47 anni, che risulta ancora latitante. Tutti, sono stati condannati
col carcere a vita. Le loro sentenze, infatti, sono ormai passate in
giudicato.</p>
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<p style="margin-bottom: 0cm;" align="justify">Rizzo si sarebbe «diviso»
tra diverse piazze, «lavorando» per diverse realtà
criminali, rendendo suscettibile quel delicato rapporto tra i clan.
Una svolta decisiva che ha cambiato le sorti di alcuni di loro, fu
data dalla dichiarazioni rilasciate dinanzi ai giudici dal boss <strong>Luca
Picone</strong>, che cominciò a collaborare con la giustizia il 6
gennaio del 2003, che è anche lo stesso giorno in cui, qualche
tempo prima, la Scu avrebbe piazzato una bomba sulla condotta
Lecce-Zurigo, con l'intento probabilmente di creare una strage. La
prima sentenza, quella in primo grado, arriva il 12 luglio 2001,
quando Zingarello fu condannato all'ergastolo. Successivamente, la
Corte d'Assise d'Appello di Lecce modificò la sentenza, fino a
che, la Cassazione rinviò il procedimento ai giudici della
Corte d'Assise d'Appello di Bari, che rinnovarono quanto stabilito in
primo grado. La massima pena è arrivata poi l'11 gennaio 2007,
con la conferma dell'ergastolo, con sentenza poi passata in
giudicato. Intanto, il Procuratore capo della Repubblica di Lecce,
Cataldo Motta, ha fatto i complimenti agli agenti della Questura per
il lavoro svolto.</p>
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<p style="margin-bottom: 0cm;" align="justify"><strong>IL BLITZ ALL'INTERNO
DEL CASOLARE</strong> | Una tenuta presa d'assalto dagli agenti che
l'avevano circandata lungo tutti il perimetro. Un'operazione che non
ha richiesto particolari accorgimenti, non sono stati utilizzati
mezzi elettronici particolari, né tantomeno ci si è
servizi di intercettazioni telefoniche. L'orario, le 10,30 di questa
mattina. Quel casolare, tra Frigole e San Cataldo era stato
adocchiato e tenuto costantemente sotto controllo dagli agenti della
Squadra Mobile, giorno e notte, senza sosta. La cattura ricorda un
po' quella di Bernardo Provenzano. Gli investigatori hanno agito
sulla base dei movimenti della compagna di Zingarello, G.L., di 27
anni, leccese. In quel casolare c'erano anche animali, quasi fosse
una fattoria. I capannoni ospitavano cavalli. La tenuta, di
dimensioni non piccole, ha richiesto l'intervento di circa 30 uomini.
La donna parcheggiava l'auto lontano dal luogo in cui si doveva
recare, proseguendo il suo percorso a piedi. Ma non è l'unico
movimento strano che ha fatto insospettire gli inquirenti. Perché
la donna a volte faceva lo stesso giro dell'isolato, tornando senza
motivo al punto di partenza, quasi volesse accertarsi che non la
stesse seguendo nessuno. Accortezze che però hanno solo fatto
insospettire gli agenti, che hanno atteso il momento opportuno per
irrompere all'interno dell'abitazione. La masseria, completamente
recintata, era il luogo in cui la donna si recava. Con lei c'era pure
il bambino, loro figlio. Appena entrata nella masseria, gli agenti
l'hanno vista incontrare un uomo con la maglietta bianca. Per gli
agenti, tutto questo era sufficiente per dire che lì dentro ci
fosse il latitante, a tal punto, in conferenza stampa, da averla
definita una «cartina di tornasole». Il blitz si è
consumato nel giro di pochi secondi. Tra l'altro, gli agenti non
avrebbero potuto aspettare altrimenti, perché il suo arrivo
era concomitante col compleanno del piccolo che compiva un anno. I
documenti, che poi sono stati recuperati, un passaporto e una carta
d'identità non erano falsi, ma contraffatti, cioè veri
con generalità di uno spagnolo ma con sopra appiccicata la
foto di Zingarello. Documenti più che sufficienti, per entrare
e uscire dalla Spagna, luogo in cui probabilmente aveva intenzione di
nascondersi per proseguire la sua latitanza. Proprio nei pressi del
muro di recinzione, gli agenti gli sono saltati addosso. Neanche il
tempo di riflettere come avessero potuto trovarlo, che già gli
avevano messo le manette ai polsi. Non prima di aver stretto la mano
ai poliziotti, per complimentarsi con loro. Dopo essersi introdotti
nella masseria, gli agenti vicino al letto hanno trovato una carabina
ad aria compressa «Lider» modello 44 Tg calibro 5.5, con
tanto di cannocchiale e 138 pallini di piombo dello stesso calibro.
L'arma infatti, poteva sparare sia pallini in piombo che in plastica
dura. Ciò di cui dovrà rispondere Zingarello, inoltre,
è possesso e fabbricazione di documenti di identificazione
falsi, mentre la compagna è stata denunciata a piede libero
con l'accusa di favoreggiamento. I complimenti sono arrivati anche
dal Questore, Vittorio Rochira.</p>
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