CASSANO MURGE | Le indagini che hanno permesso di acciuffare l'ex latitante accusato di omicidio non sono che all’inizio. Al momento le forze dell'ordine indagano circa la ricerca di possibili complici che avrebbero appoggiato l'uomo Salvatore Caramuscio, 40enne, di Surbo, (nella foto prima e dopo la cattura) facente parte dei latitanti più pericolosi d’Italia, secondo la lista stilata dal ministero degli Interni, è ritornato in carcere. Lo hanno sorpreso mentre era ancora nel sonno, in una stanza da letto ricavata al secondo piano di una minuscola corte nel cuore del borgo antico di Cassano Murge, nel barese. Così la polizia leccese dopo varie indagini e pedinamenti difficili e pericolosi hanno scovato l'uomo e finalmente posto fine alla sua fuga. Subito dopo il blitz è scattata la risposta armata, infatti, durante lo sfondamento del portone sono sopraggiunti i militari armati che si sarebbero preparati all'entrata in scena nell'abitazione del Caramuscio ritenuto un soggetto alquanto pericoloso avendo un omicidio alle spalle. Sarebbe stato capace di tutto. Il procuratore capo Cataldo Motta ha voluto sottolineare l’alto senso del dovere degli agenti che sono intervenuti mettendo a rischio la propria vita per incastrare l'uomo.
Durante la conferenza stampa sono seguiti i ringraziamenti da parte del procuratore Motta nei confronti di Annino Gargano che è il dirigente della squadra mobile e il questore Antonino Cufalo. Caramuscio è rimasto allibito dinanzi al repentino accerchiamento effettuato al sorgere dell’alba, quando l'uomo svegliatosi bruscamente ha risposto in malo modo alla sua ormai segnata fine. Così sono state messe le manette ai suoi polsi. Dietro l'operazione fatta di investigatori, militari, carabinieri ben armati e poliziotti, ci sono idee e piani organizzativi astuti e machiavellici fondamentali per una buona riuscita dell'opera di giustizia. Le forze dell'ordine hanno raccolto un risultato positivo con l'arresto del Caramuscio che era latitante da sei mesi, dopo il suo ritorno in libertà il 10 settembre scorso per decorrenza dei termini, con un provvedimento speciale emanato dal Tribunale di sorveglianza di Sulmona. Precedentemente era rinchiuso a L’Aquila per l'omicidio di Antonio Fiorentino, compiuto a sangue freddo il 6 marzo 2003 proprio nel bar «Papaya» di Lecce. Scatta il conclusivo provvedimento della corte d'appello di Lecce verso la fine del mese di settembre che ripristinava, secondo quanto richiesto dalla Procura, la misura cautelare per quell'omicidio. In un primo momento, nonostante la revoca, l'ex latitante ha continuato a restare in carcere, perché doveva scontare una condanna per altri reati. Così il 10 settembre, una volta fuori, non essendosi presentato in questura entro il termine richiesto delle 24 ore, sono scattate le indagini. Caramuscio avrebbe approfittato di quel lasso si tempo, per fuggire e far sparire le sue tracce. L'uomo si sarebbe allontanato dagli abituali luoghi di frequentazione di Trepuzzi, Surbo, e Torre Chianca. Dunque gli agenti delle forze dell'ordine si sono trovati ad operare su un territorio quasi sconosciuto, senza indizi ne tracce. Da una prima analisi dell'abitazione dell'uomo situata a Cassano Murge, è risultato che la località è stata scelta sia per la disposizione delle case nel borgo antico, sia per la loro conformazione e costruzione particolare, che permetteva il passaggio attraverso la corte di una sola persona, alla volta. E per mettere in atto l'astuto piano, due agenti delle forze dell'ordine, fingendosi una coppietta, sono passati dinanzi alla casa del Caramuscio, nel silenzio della notte accertando la posizione precisa delle uscite dell'abitazione. Solo dopo sarebbero potuti entrare in scena gli oltre 50 agenti della squadra mobile di Lecce e Bari, per irrompere in casa a accerchiarlo.
Il luogo è stato così circondato da sotto e dai tetti per evitare eventuali fughe. Poi è seguito l'abbattimento della porta con una mazza ferrata e l'arresto dell'uomo ormai in trappola nel giro di pochissimi minuti di suspense. La polizia però non avrebbe rinvenuto armi di nessun tipo. Cataldo Motta ha definito il Caramuscio come un soggetto pericoloso e capace di tutto nell'ambito della criminalità organizzata, infatti se fosse rimasto ancora in giro avrebbe certamente organizzato qualche colpo o traffico di sostanze stupefacenti. Il trasformista e camaleontico Caramuscio, particolarmente abile nel cambiare schede dei telefoni cellulari, è probabile che avesse avuto favori da parte di alcuni suoi complici, per questo ora sono al vaglio tutti i dettagli dei ritrovamenti nella casa dell'uomo, documenti e cellulari. Si tratta di un’altra pista interessante che la squadra mobile sta attualmente seguendo. I provvedimenti eseguiti sono, la pena dell’ergastolo, la condanna definitiva in secondo grado e la notifica di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip del tribunale di Lecce su richiesta del pubblico ministero Guglielmo Cataldi, per tentata estorsione in concorso, aggravata dalle modalità mafiose. Le pericolose vicende alquanto recenti hanno interessato riguardano Gianluca Negro, 23enne di Surbo, Roberto Nisi, 55enne di Lecce, e Angelo Corrano, 28enne di Lecce che sono stati poi, arrestati dai carabinieri per associazione a delinquere e atti estorsivi aggravati nei confronti di un imprenditore edile e vicesindaco di Surbo Giuseppe Maroccia. L'operazione ha visto la riuscita e la repressione della criminalità organizzata da parte delle forze dell'ordine.
Roberto Maroni, ministro dell'Interno, ha dialogato telefonicamente nella mattinata di oggi con il Capo della polizia, il prefetto Antonio Manganelli. Il motivo è stato per «congratularsi dell'importante operazione della Squadra Mobile della Questura di Lecce e Bari che ha portato all'arresto di Salvatore Caramuscio, inserito nell'elenco del 100 latitanti più pericolosi e già condannato all'ergastolo».