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LECCE | La misteriosa vicenda del depuratore che serve i comuni di Uggiano la Chiesa, Minervino e Giurdignano sembra non avere fine. Continuano le indagini investigative portate avanti dai carabinieri del nucleo operativo ed ecologico di Lecce in merito al sequestro preventivo del depuratore di acque reflue. Si tratta dello stesso depuratore gestito dall’acquedotto pugliese e gestito da una società di Bari. Sono stati messi i sigilli all’impianto lo scorso 21 gennaio, e adesso i fascicoli sui tavoli della Procura danno conferma alle ipotesi degli inquirenti. Secondo i militari del Nucleo Operativo Ecologico, guidati dal capitano Nicola Candido, si sarebbe accertato che l'impianto, oltre ad essere sprovvisto della prescritta autorizzazione della Provincia di Lecce, scaricherebbe i le acque reflue depurate in maniera irregolare all’interno di un pozzo artesiano situato ad una profondità di circa 300 metri. Da qui sono già emerse le prime responsabilità. A questo punto infatti, risultano indagati dalla procura di Lecce due persone, un dirigente dell'acquedotto pugliese ed il legale che rappresenta la suddetta società che si occupa dell'impianto di depurazione. Il problema in questione è proprio la dispersione nel sottosuolo e nelle acque sotterranee degli scarichi con conseguente e possibili inquinamento. Intanto le indagini della procura proseguono e i recenti studi effettuati dal laboratorio di igiene dell’università del Salento, hanno potuto evidenziare i problemi già presenti sul territorio, che riguardano proprio la pulizia e la purificazione successiva delle acque. Mentre a livello amministrativo, negli ultimi anni si è cercato di individuare la soluzione più adatta al problema, attraverso il progetto di depurazione dei reflui per uso agricolo, seguendo una soluzione proposta dalla legge 152 del 1999 e confermata poi, dal decreto Ronchi, che ha vietato lo scaricamento dei reflui in falda, richiamando i proprietari dei depuratori non a norma di legge. (rob. z.)