LECCE | È di oggi la notizia dell'annullamento da parte della Cassazione, la prima condanna nei confronti di don Cesare Lodeserto, ex gestore del centro di accoglienza «Regina Pacis» di San Foca. Il 13 dicembre 2004 si aprì il processo contro Cesare Lodeserto oltre a sei suoi collaboratori, undici carabinieri e due medici di servizio, per delle presunte violenze subìte da 17 ragazzi di origine magrebina avvenute il 22 novembre 2002 all'interno del CPT. Il 25 maggio 2005 venne condannato a 8 mesi di reclusione per simulazione di reato, pena successivamente sospesa. In quell'occasione, il dup Annalisa De Benedictis, accolse la richiesta formulata dal pm Paola Gugliemi. Secondo la tesi accusatoria, nel 2001 don Cesare inviò al proprio telefono cellulare, o qualcuno lo fece per lui, un sms contenente minacce di morte: in quel periodo stava per essergli revocata la scorta che, dopo la minaccia simulata, gli fu concessa nuovamente. Il 22 luglio 2005 Lodeserto è stato condannato a un anno e quattro mesi per violenza privata e lesioni aggravate nei confronti dei 17 immigrati che nel novembre 2002 avrebbero tentato la fuga dal CPT di San Foca a Lecce. Con lui condannati anche sette (degli undici inizialmente sotto accusa) carabinieri, due medici e sei operatori del centro. Nel 2005 venne arrestato con l’accusa di sequestro di persona e di abuso dei mezzi di correzione. Nell'ambito di questa inchiesta il 26 settembre 2007 venne condannato con rito abbreviato a 5 anni e 4 mesi e all'interdizione perpetua dai pubblici uffici per sequestro di persona, estorsione, calunnia ai danni degli ospiti del CPT. Il sacerdote, comunque, non ha scontato la pena, poiché a dicembre dello stesso anno l'arcivescovo di Lecce, monsignor Ruppi, lo ha inviato in missione fidei donum in Moldavia. Ritornando al maggio del 2005, gli avvocati del prelato, Federico Massa ed Emilio Ricci, hanno da sempre ritenuto che l'interpretazione dei fatti effettuata durate i processi, non bastasse per esprimere una condanna. Questo però non è bastato alla Suprema Corte che sarebbe andata avanti cercando di trovare una giustificazione per la condanna.