UGENTO | Sono trascorsi quasi sei mesi dalla morte del consigliere dell’Italia dei Valori Peppino Basile, accoltellato la notte tra il 14 e il 15 giugno scorso. Una data che tutti ricorderanno, caratterizzata dalla visita del pontefice a Leuca, evento in cui il consigliere non partecipò per un motivo ancora anonimo. Basile quella notte giungeva da una festa in paese, in onore di Sant’ Antonio, dopo l’esibizione del gruppo folkloristico «I Calanti». Dalla data in cui si verificò l’efferatezza fino ad oggi gli investigatori portano avanti delle indagini scrupolose seguendo tutte le piste plausibili per giungere quanto prima ad una svolta e porre fine al clima venutosi a creare all’interno della comunità ugentina di paura e di sconforto.
Diversi gli sviluppi che si sono susseguiti dopo la tragica vicenda. Le vicende più clamorose sono state sicuramente quelle che hanno avuto come protagonista il parroco di Ugento, don Stefano Rocca, che cerca tuttora di squarciare il velo di omertà che da allora si è riversato sulla cittadinanza. Le ultime vicende che hanno riguardato il parroco ugentino hanno scosso le indagini che, da un po’ di tempo, sembravano essersi stagnate. Oggi, però, le indagini hanno ripreso il loro corso. Con un blitz il pubblico ministero della Procura della Repubblica di Lecce, Giovanni De Palma, ha scosso l’atmosfera venutasi a creare nel Comune di Ugento, soprattutto a seguiti degli ultimi avvenimenti, in particolare una lettera anonima, l’ennesima, giunta a don Stefano, in cui sono riportati dei nominativi di alcuni abitanti del luogo che potrebbero essere implicati nel caso e un probabile movente che avrebbe spinto gli esecutori dell’omicidio a compiere un simile gesto.
Nella caserma dei Carabinieri del luogo, a condurre le indagini oltre al pubblico ministero anche gli uomini del nucleo radiomobile di Lecce, sono state convocate questa mattina diverse persone che erano già state interrogate in precedenza e che potrebbero avere degli elementi nuovi da riferire agli inquirenti. Fra loro anche due donne messe «sotto torchio» e trattenute diverse ore in caserma. Non si sa se si tratti di pura casualità o se i nuovi interrogatori giungono in conseguenza alla lettera anonima giunta qualche giorno fa al parroco di Ugento e al vaglio degli inquirenti. Il clima di riluttanza che si è creato soprattutto fra gli indagati rende difficili le indagini. Un’ipotesi che non viene tralasciata è che i vicini di casa di Basile possano aver visto qualcosa, quella notte, ma, in preda all’angoscia, non siano disposti a testimoniare o, quanto meno, dare un aiuto non indifferente affinché si faccia luce sul caso.
Due le piste che hanno destato maggiormente l’attenzione degli inquirenti: una di matrice politica e l’altra passionale. La pista politica fa riferimento al fatto che le ultime vicende della vita politica del consigliere di Italia dei Valori l’hanno visto impegnato in una battaglia su più fronti, in particolare quello della speculazione. Per quanto riguarda, invece, la pista passionale si è tenuto conto del fatto che Basile, dopo la separazione dalla moglie, conduceva parallelamente una vita da donnaiolo; un aspetto, questo, che non ha sorpreso affatto la popolazione ugentina che già era a conoscenza di questo aspetto della vita privata di Basile. Finora, però, sono pochi gli elementi utili acquisiti dagli inquirenti, almeno per quanto questi ultimi hanno lasciato trapelare, data la loro assoluta riservatezza data la delicatezza del caso. Ma questi nuovi sviluppi giunti in questi giorni fanno pensare, inevitabilmente, che si è vicini ad un risvolto e ad una possibile soluzione del caso che ha colpito la comunità ugentina nell’estate scorsa.