SURBO | È di questa mattina la convalida dei fermi dei due presunti estorsori Gianluca Negro, di 23 anni, di Surbo, già noto alle forze dell'ordine e sorvegliato speciale per vicende legate alla droga, e Roberto Nisi, di 55 anni, di Lecce, anche quest'ultimo già noto alle forze dell'ordine per armi, esplosivi e stupefacenti. Il gip del tribunale di Lecce, Maurizio Saso, ha confermato i fermi disponendo l'ordinanza di custodia cautelare in carcere. Nisi e Negro sono assistiti dagli avvocati Francesca Conte e Cosimo Rampino, e proprio questa mattina hanno risposto dinanzi al giudice delle indagini preliminari, in occasione dell'udienza di convalida, delle ipotesi di reato di tentata estorsione aggravata dalle modalità mafiose. I due sono stati arrestati nella serata di venerdì in quanto avrebbero chiesto denaro agli imprenditori di Surbo e di altri paesi del Nord Salento, per favorire con un finanziamento la latitanza di un esponente della Sacra Corona Unita. E cioè quella di Salvatore Caramuscio, 40enne, di Surbo, condannato al carcere a vita per omicidio e altri reati, e poi finito nuovamente in libertà, su disposizione dei giudici del Tribunale dell'Aquila.
Il 10 settembre scorso, per decorrenza dei termini, scomparse senza lasciare tracce. Caramuscio fu condannato all'ergastolo per l'omicidio, risalente al 6 marzo del 2003, di Antonio Fiorentino compiuto a Lecce, nel bar «Papaya» da lui gestito. Le indagini presero il via all'inizio del mese di novembre, proprio a seguito di una denuncia presentata ai carabinieri da parte di un imprenditore surbino, impegnato in politica nel comune di residenza. L'uomo sarebbe stato avvicinato in diverse fasi, per tre volte, dai malviventi che gli avrebbero chiesto 30mila euro in cambio di protezione, ma soprattutto per evitare che si potesse arrivare ad attentati dinamitardi e incendiari. La prima volta, sarebbe stato avvicinato da un individuo che non conosceva, che poi gli avrebbe chiesto del denaro con la motivazione di favorire la latitanza di Salvatore Caramuscio.
Poi una seconda volta, due altri individui, che lo hanno raggiunto in sella ad una moto, lo avrebbero nuovamente avvicinato intimandogli il pagamento in contanti, per poi nulla più pretendere, anzi debitandosi di protezione e tranquillità. L'ultimo incontro, infine, ci sarebbe stato giovedì scorso. Il pagamento che si sollecitava, ancora una volta, doveva avvenire in contanti, e non tramite assegni, come sarebbe stato loro offerto. Poi, subito dopo, la denuncia. I carabinieri della Compagnia di Lecce, coordinati dal capitano Luigi Imperatore, d'accordo col sostituto procuratore Guglielmo Cataldi, hanno ottenuto il fermo. Che è stato convalidato, come detto, questa mattina in tribunale. Non si esclude, che all'interno delle indagini, possano rimanere coinvolti altri indagati.