di Paolo Franza
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<p style="margin-bottom: 0cm;" align="justify"><strong>LECCE</strong> | Un giorno che rimarrà alla memoria di tutti gli studenti. A Lecce si sono ritrovati i ragazzi di tutti gli istituti superiori del Salento per manifestare contro l’approvazione del decreto, ormai diventato legge che prende proprio il nome del ministro del Governo «Gelmini». In particolare, gli studenti universitari, ma anche quelli delle scuole superiori, riunitisi questa mattina in ateneo, è alla 133 del 2008. In tutto, questa mattina, in piazza a protestare, e per le vie della città erano presenti oltre 7mila persone tra studenti universitari, docenti, ricercatori e dottorandi. Seri problemi si sono verificati all’Università del Salento. Episodi insostenibili, che hanno animato gli animi di chi voleva tranquillamente svolgere la propria attività di studio. Proprio oggi, così come è successo ieri, si è svolta un’assemblea generale di tutte le facoltà dell'università. «Non sarebbe forse il caso di attendere chiarezza sulle misure di razionalizzazione che saranno proposte, prima di protestare invano su presunti e strumentali tagli e privatizzazioni che si ravvisano nei provvedimenti assunti dal Governo, impedendo di fatto lo svolgersi delle lezioni e la garanzia del diritto allo studio per chi ha voglia di studiare?». Parole di <strong>Claudia Casarano</strong>, responsabile regionale delle Pari opportunità di Alleanza Nazionale e componente dell’esecutivo provinciale di An di Lecce. Casarano commenta le tensioni che in questi giorni stanno scuotendo il mondo accademico e studentesco italiano. Alle 13,30, gli universitari hanno occupato l’aula magna dell’ateneo «Codacci Pisanelli», dove si è tenuta una discussione alla quale hanno partecipato, oltre agli studenti universitari, anche docenti e ragazzi degli istituti superiori. La novità dell'assemblea plenaria, che si è poi tenuta nell'aula magna dell'ateneo, riguarda un coordinamento, che sta prendendo sempre più piede, dove i ragazzi si interesseranno di portare avanti la protesta nei prossimi giorni. Durante i discorsi fatti dagli universitari, si apprende che dall’informazione si passa al coinvolgimento di docenti ed altri rappresentati che occupano l’università. In particolare sono intervenuti i rappresentati delle varie associazioni universitarie, così come un docente che ha espresso il suo parere sottolineando che «l’occupazione destinata a se stessa non porta a nulla, non si deve fermare l’attività didattica ma si deve costituire un contesto partecipativo, dove l'occupazone fa da contorno. La mia proposta - sottolinea - è quella di fermare la parte amministrativa dell’università». All’interno dell’ateneo campeggiano alcuni striscioni con su scritto «Il nostro sapere vs la vostra violenza», e poi «Anche l’operaio vuole il figlio dottore».</p>
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<p style="margin-bottom: 0cm;" align="justify">Un insegnante del Liceo Marcelline di Lecce, <strong>Claudia Raho</strong>, racconta la sua carriera esprimendo parere contrario sull’approvazione del decreto «Gelmini». «Feci il colloquio e mi presero: nessuna domanda sui miei orientamenti politici, sulla mia situazione familiare, nessuna richiesta di speciali presentazioni. Al momento dell'assunzione, indotta da pregiudizi, chiesi come dovessi comportarmi nei riguardi degli argomenti del programma da svolgere. Sorpreso e un po’ divertito lo sguardo dell'allora preside del Liceo Linguistico Marcelline di Lecce, Suor Vita Trizza: «Ma cosa dice, quanto più sanno, meglio scelgono». Strano che sia venuto da una suora a me (femminista, anarchica, individualista, con impegno attivo in politica, una coscienza religiosa dubbiosa e eretica), l'insegnamento, il modello della mia professione di educatrice, prima che di insegnante». La donna svolte ancora adesso il ruolo da insegnate all’interno delle «Marcelline» dove «entrai per caso (o per provvidenza, come dicono le mie suore), e ci sono rimasta per scelta: ottima qualità di lavoro, limpida linea educativa per tradizione e vocazione (carisma, lo definiscono le Marcelline), apertura alla mondialità, nessun indottrinamento, lasciata alla libera scelta personale di alunni e insegnanti l'adesione alle proposte di religiosità, sensibile e fattiva solidarietà, quale differenza con il paternalismo dell'idea di carità degli ambienti bigotti, valorizzazione delle differenze e accoglienza militante, apertura culturale e curiosità scientifica, ricerca didattica e sperimentazione educativa, cura e attenzione per ogni singolo alunno, condivisione di un progetto. Siamo parte vivace e attiva del sistema di istruzione nazionale - commenta Raho - quindi scuola pubblica, anche se sovvenzionata dalle famiglie. Abbiamo respinto con documenti pubblici la riforma Moratti, abbiamo attivato programmi di aggiornamento per ogni novità e abbiamo concepito proposte, che sono state guardate con attenzione anche da ambiti cosiddetti laici. Per questo anche adesso ci sentiamo a tutti gli effetti e fuori da ogni clandestinità impegnati a respingere gli attacchi al diritto all'educazione che vengono dal decreto Gelmini. Non si tratta di essere pro o contro i grembiulini, pro o contro il ripristino del voto di condotta come discriminante per la promozione. Qui si tratta di respingere con forza un tentativo, nemmeno tanto mascherato, di minare alla base il diritto a una formazione educativa di qualità, con standard nazionali e saperi essenziali irrinunciabili. Per questo - conclude Raho - condivido la protesta di studenti, genitori e insegnanti contro l'attacco oscurantista all'istruzione, all'università e alla ricerca del governo Berlusconi e aderisco allo sciopero nazionale del 30 ottobre». Insomma, un «si» quello del senato che ha destato soddisfazione alla maggioranza, ma ha scatenato in modo brusco l’ira di studenti, ma soprattutto insegnanti che hanno manifestato parere contrario sulla nuova Lecce «Gelmini», un nuovo ‘68? Se andiamo a guardare le manifestazioni che a livello nazionale sembrerebbe di si, tutti l’Italia, infatti, da Nord a Sud, ha visto tafferugli e atti di protesta contro l’approvazione del decreto. Le principali città, oltre a Lecce, che hanno ospitato cortei di studenti sono: Milano, Torino, Padova, Pavia, Firenze, Bologna, Roma, Napoli, Bari, L’Aquila e Palermo. Ma cosa c’è, per i protestanti, che non va alla riforma «Gelmini»? Andando a Lecce si apprende che gli studenti non vogliono certamente il voto in condotta, tagli alle scuole e alle università. I ragazzi delle scuole elementari certamente non si sono ritrovati a porta Napoli o in piazza Sant’Oronzo, ma certamente a guardare i cortei sfilare a Lecce, davanti ad una tazza di caffè, ci sono genitori ed insegnanti, tentati anche loro a manifestare. Infatti, la riforma, prevede il ritorno al maestro unico nella scuola primaria, l’introduzione della bocciatura alla scuola elementare in casi eccezionali, il riordino dei libri di testo, i finanziamenti e i vari tagli a diverse categorie. Dalle 9,30 in poi è stato organizzato un sit-in di protesta davanti alla prefettura leccese.</p>
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<p class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;">Sulla manifestazione intervengono anche esponenti politici. Il consigliere provinciale, Pasquale Gaetani afferma: «Mi auguro che il movimento di contestatori del decreto Gelmini, isoli in maniera perentoria coloro i quali, con cattiva teatralità, hanno, nel corso della giornata di oggi, bruciato in piazza la foto del ministro. Sembrava di essere in qualche piazza dei paesi più oscurantisti e più fondamentalisti, piuttosto che in una libera via della città di Lecce in cui a tutti è concesso, liberamente, di esprimere le proprie idee e le proprie opinioni. Bruciare la foto del Ministro è stato un atto di violenta intolleranza che mi auguro venga stigmatizzato da tutti, anche da parte di chi utilizza quel movimento per dare maggiore vigoria ad un’opposizione politica che altrimenti sarebbe assolutamente pallida. L’auspicio – conclude Gaetani - e altresì quello che venga concessa pari visibilità a quella maggioranza silenziosa di Italiani che a questo Decreto è favorevole, che è favorevole all’introduzione del maestro prevalente, del grembiule e della razionalizzazione delle spese, a vantaggio di una maggiore qualità della formazione degli studenti».<br /><br /> </p>
<p style="margin-bottom: 0cm;" align="justify">Il giorno in cui il Senato ha approvato, in via definitiva, la conversione in legge del decreto Gelmini sulla scuola, la mobilitazione di tutte e tutti coloro che hanno a cuore le sorti della scuola pubblica e dell’università prosegue e si estende anche a Lecce, assumendo le fattezze di una battaglia di civiltà. Il Coordinamento studenti e lavoratori della conoscenza ha organizzato un’assemblea pubblica su scuola e università proprio all’indomani dello sciopero generale e generalizzato della conoscenza promosso dai sindacati: parteciperanno <strong>Gennaro Migliore</strong> e <strong>Paolo Peluso</strong> ma soprattutto tutti i cittadini della scuola e dell’università. La ministra Gelmini, con l’ausilio di Tremonti, sta smantellando e dequalificando il sistema formativo pubblico (che già naviga a vista) attraverso tagli ingenti, licenziamenti di migliaia di insegnanti, ausiliari e tecnici, attraverso il blocco del turn over nelle università, attraverso misure che enunciano tutte, inequivocabilmente, una precisa idea di scuola che è anche un’idea di società. Si afferma un modello di scuola dal sapore arcaico, che restaura la figura ormai obsoleta del maestro unico, che ripristina la minaccia del voto in condotta nei licei, che assume il volto severo della repressione attraverso la conferma dell’esame di riparazione senza il finanziamento di corsi e piani di recupero. È una scuola che discrimina i bambini stranieri, che abolisce l’obbligo di istruzione a 16 anni e che separa i destini e i sogni dei giovani fin dai primi anni, operando una selezione economica e quindi sociale e culturale attraverso scelte obbligate e irreversibili tra licei e istituti tecnici, università di eccellenza e corsi di laurea triennale. Si afferma un’idea di università in cui i tagli alla ricerca annullano la centralità dell’investimento in capitale umano e innovazione, e in cui la conoscenza e i saperi, già resi minimi e tecnici, sono definitivamente appendice del mercato e dell’impresa. Si condanna una generazione nel recinto della subordinazione, del ricatto, dell’ignoranza, della precarietà, del controllo: un deserto, un baratro viene chiamato falsamente riforma. In tutto il paese studenti, genitori, dottorandi, ricercatori, docenti e tutto il mondo dell'istruzione vogliono riconquistare protagonismo e diritto di parola per affermare un’idea di futuro, un futuro che non si impone, non si ruba e non si può imporre con nessuna legge. Lecce sta facendo la propria parte.</p>