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<p style="margin-bottom: 0cm;" align="justify"><strong>LECCE</strong> | Sette anni
di reclusione per <strong>Anna Simona D'Aquino</strong>, 33 anni, di Casarano,
madre del piccolo bimbo di 7 anni, che il 5 novembre del 2007, uccise
la maestra d'asilo Iole Provenzano, anziana di 71 anni che fu colpita
fino alla morte con dieci coltellate, mentre era nella sua
abitazione, a Parabita, in via dei Mille, al civico 161, e stava
andando in soccorso al marito, il sarto 80enne Luigi Compagnone. La
donna quel giorno fu spinta a farsi giustizia da sola, per vendicare
i presunti abusi sessuali che sarebbero stati inferti sul corpo del
figlioletto di appena sette anni, che si recava di tanto in tanto lì
per studio. La sentenza è arrivata nel pomeriggio dopo circa
tre ore di camera di consiglio, dove il gup Nicola Lariccia ha deciso
di dimezzare la pena che è stata invocata questa mattina dal
pubblico ministero, il sostituto Maria Consolata Moschettini, durante
la sua requisitoria in aula. I 15 anni da lei richiesti sono stati
dimezzati dopo che le erano state riconosciute le attenuanti
generiche e tenendo in preventivo la provocazione, ma senza tenere in
considerazione le ragioni di ordine morale e sociale che l'avevano
spinta a difendere il figlioletto di appena 7 anni. Il giudice ha
disposto inoltre, l'interdizione perpetua dagli uffici, mentre si è
riservato il diritto di stabilire in altro momento i danni per la
parte civile, ordinando la distruzione dei quattro coltelli
confiscati che furono sequestrati.</p>
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<p style="margin-bottom: 0cm;" align="justify">Il penalista difensore,
l'avvocato Luigi Corvaglia, durante il suo intervento dinanzi al
giudice di questa mattina, aveva spiegato le ragioni di tanta
violenza che la madre ha inferto alla maestra d'asilo e al presunto
violentatore. Ciò che l'avrebbe spinta a intraprendere un
gesto del genere, dunque sarebbe stato l'amore materno, ha spiegato
l'avvocato, «un istinto dettato da un affetto sacro».
Anna Simona d'Aquino, di 33 anni, di Casarano, proprietaria di due
negozi di abbigliamento nella cittadina, e che ora è incinta e
aspetta un altro figlio, all'epoca dei fatti aveva ascoltato alcune
«voci» che avrebbero fatto da campanello d'allarme. Per
questo motivo, dunque, determinate informazione avrebbero poi trovato
conferma dagli atteggiamenti del bimbo che più volte si
sarebbe chiuso in se stesso, rintanandosi nella sua stanza per dare
sfogo a un disperato pianto, dando di volta in volta segni di scarso
appetito. I racconti, poi riferiti alla madre, e le testimonianze,
confermate all'interno di un incidente probatorio, spiegano che
quando si recava all'interno di quella casa per studiare sarebbe
stato avvicinato dal presunto violentatore, che dopo essersi denudato
nella camera da letto, avrebbe spogliato anche il piccolino. Tutte
accuse, quest'ultime, che solo il processo per pedofilia a carico di
Compagnone potrà confermare o smentire.</p>
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<p style="margin-bottom: 0cm;" align="justify">D'Aquino avrebbe agito
dunque, sotto l'effetto dell'alcol, dopo aver bevuto una bottiglia di
whisky prima di raggiungere quella che è stata denominata «la
casa degli orrori». Giunta a Parabita, con appresso quattro
coltelli da cucina, la donna avrebbe così accusato Compagnone di
aver agito nei confronti del suo piccolo figlio con le violenze
sessuali. L'uomo avrebbe poi confermato quanto detto dalla madre
sottolineando che al bimbo quelle presunte sevizie piacevano. È
a quel punto che la madre l'avrebbe colpito all'addome. Dieci
fendenti che lo hanno lasciato riverso in una pozza di sangue. Anche
Jole Provenzano, che nel frattempo aveva tentato di fermare l'ira
della donna, fu vittima dei colpi che la lasciarono, però, a
terra e senza vita. I due corpi, uno sanguinante, e l'altro ormai
privo d'ogni segno di vita furono ritrovati dal fratello di Iole,
Giuseppe Provenzano (costituitosi poi parte offesa che aveva chiesto
100mila euro, la prima udienza il prossimo 14 febbraio), che dalla
Svizzera aveva raggiunto nel frattempo Parabita per una piccola
sosta. La donna fu bloccata e ascoltata dai carabinieri della
compagnia di Casarano in località Lido Pizzo, a Gallipoli,
mentre tentava di disfarsi dei coltelli. Intanto, la motivazione
della sentenza, dei quali si ritengono soddisfatti i legali difensori
della D'Aquino, <strong>Luigi Corvaglia</strong> e <strong>Francesca Conte</strong>, che
aspettano di leggere le motivazioni della sentenza per poi procedere
in Appello arriverà tra circa novanta giorni. Corvaglia confida che la donna non dovrà passare
altri anni in carcere.</p>